Angelo De Augustine SWIM INSIDE THE MOON
[Uscita: 25/08/2017]
Stati Uniti
Alcuni dischi codificano un alfabeto nuovo, tracciando inevitabilmente un “prima” ed un “dopo” nella storia della musica, perché, quando l’arte coincide intimamente con la vita, diventa verità. Se tutto ha un prezzo, anche la verità ed il coraggio non sono esclusi da questa regola così tragicamente inscritta nella biografia di artisti folk come Nick Drake e Judee Sill. Per entrambi il destino ha deciso la medesima sorte come tributo da pagare per non avere avuto paura di cantare le proprie fragilità e le proprie sconfitte. Come nemesi però quello stesso destino ha deciso che da dischi come “Pink Moon” o l’omonimo "Judee Sill” potesse nascere non solo una nuova visione del folk, ma anche una progenie di artisti che senza quelle latitudini emotive non avrebbero mai pensato di scrivere una sola canzone. Tra questi vi è Angelo De Augustine, folksinger proveniente da un sobborgo a nord di Los Angeles, con all’attivo un disco autoprodotto, che ha catturato l’attenzione di Sufjan Stevens il quale ha pubblicato per la sua label Asthmatic Kitty Records il secondo album intitolato “Swim Inside The Moon” ed ha curato l’animazione del video del brano Crazy, Stoned and Gone. Già dal titolo del disco ricorre il tema della luna drakeiana come simbolo di appartenenza ad un’attitudine lo-fi centrata sulla intensità del suono della voce e della chitarra. Per le incisioni è stato utilizzato un registratore a bobina ed un microfono cheap come lo Shure SM57.
Ma la particolarità sta nel fatto che le registrazioni dell’album sono state fatte all’interno di una vasca da bagno, così da sfruttare l’effetto riflettente della superficie concava; lo stesso De Augustine ha dichiarato che il cantare su una superficie riflettente è come sentire due voci, ponendosi al centro di un magico sdoppiamento. Quando la musica viene creata non ci appartiene più ed ecco che si genera questa sorta di illusione, quasi come il senso di stranezza provata nel riascoltare la propria voce registrata. In tutto l’album si respira un’atmosfera ovattata e dolcemente trasognata, come se ogni brano fosse l’esatto fotogramma di un momento catturato su pellicola, quando il soggetto ritratto finisce di essere se stesso per appartenere ad un tempo diverso da quello corrente.
L’iniziale Truly Gone contiene tutto il corredo genetico di De Augustine, voce sussurrata e chitarra arpeggiata in cui si avverte chiara l’impronta di dischi come “Seven Swans” dello stesso Sufjan Stevens. La successiva Haze pennella con leggiadria un’ambientazione british folk, così come More Than You Thought To Use, dalla malinconia impalpabile e sfuggente. Fade sarebbe potuta appartenere a Elliott Smith, mentre echi del ragazzo di Tanworth-in-Arden si fanno di nuovo sentire nelle pieghe di On My Way Home e nell’incedere di I’ll Wait For Others. Swim Inside The Moon è un album antico per vocazione che impone di fermarsi, alla stessa maniera in cui si osserva la sabbia di un fondale riemerso grazie alla bassa marea ed illuminato dalla luce della luna. Di una luna rosa.
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