Sleepy Sun SPINE HITS
[Uscita: 9/04/2012]
Terzo lavoro per la band californiana dedita a un sano hard rock psichedelico di gradevole fattura. Persa per strada la cantante Rachel Fannan che ha intrapreso la carriera solista, è la voce di Bret Costantino ad assumere sulle sue spalle il ruolo di lead singer, mentre la produzione è stata affidata a Dave Catching, Queens Of The Stone Age, Eagles Of Death Metal. La prima impressione del disco è che rispetto agli inizi gli Sleepy Sun abbiano scelto una via più tradizionale, abbandonando gli sperimentalismi che apparivano qua e là nei precedenti due album e optando per strutture compositive e melodiche più inclini alla forma canzone. La seconda è la voce di Bret Costantino, certo non memorabile, ma capace di alternare momenti più aspri e hard ad altri più dolci e melodici, nei quali peraltro sembra stare più a suo agio, per esempio in Boat Trip, brano di ascendenza Grateful Dead con cadenze country.
La terza impressione è che ci troviamo davanti a un buon album rock, ben suonato, con giri armonici e melodie che catturano immediatamente, coinvolgenti riff e distorsioni chitarristiche nella tradizione del miglior rock psichedelico di matrice americana e non solo, dai citati Dead agli Steppenwolf, dagli Spirit agli Zeppelin, ma i vecchi maestri sono ancora lontani! Infine l’album cresce man mano che si va avanti nell’ascolto, se i primi brani in scaletta appaiono nulla più che delle discrete canzoni senza però una particolare personalità, quando si arriva alla quinta traccia, la già citata Boat Trip, e poi alla robusta e vigorosa V.O.G., ballata southern rock, e alla vibrante energia sprigionata da Martyr’s Mantra con la sua ritmica ossessiva che tinge di nero il suono delle chitarre ci si rende conto delle potenzialità della band, potenzialità ancora non dispiegate per l’incertezza che domina il disco fra una ricerca psichedelica priva di compromessi e una forma melodica che orienta il gruppo verso il pop.
Dopo altre tre canzoni di buona fattura, ma non memorabili, “Spine Hits” chiude in bellezza con Lioness (Requiem), ritmi dilatati in un desert-rock che non manca di omaggiare gli spaghetti western morriconiani - o dovremmo dire di Alessandro Alessandrini? - per concludersi con una chitarra fuzzy in primo piano. Insomma un album con luci e qualche ombra, ma affatto disprezzabile, in grado di regalarci un disteso e non impegnativo ascolto, ma il rock è fatto anche di questo e poi in ambito neo psichedelico non è sempre facile essere i Black Mountain.
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