The Babe Rainbow DOUBLE RAINBOW
[Uscita: 13/07/2018 ]
Australia
“Tomorrow will be today again”, queste le parole in apertura del secondo album dei Babe Rainbow, il combo di Byron Bay originario di New South Wales, Australia. Parole emblematiche perché all’alba dell’annuncio di un secondo album (sempre in casa Flightless) il singolo Supermoon aveva fatto pensare che il gruppo stesse spingendo il suo pop psichedelico verso territori più sperimentali, fatto di wah wah lunari e groove funky. Invece la band replica l’esordio, sprecando energie e disperdendo quel che di buono c’è nella loro musica cercando di ammiccare a quanti più generi musicali possibili. Il funky psichedelico del primo album raggiunge qui picchi notevoli (The Magician) e si colora di tinte raga-rock (Supermoon, Eureka) oppure torna ai refrain di Monky Disco e Sunflower Sutra (Cool Cat Vibe) e si scompone in tempi dispari (Gladly). Ma dopo un episodio di stasi contemplativa (Alan Chadwick’s Garden) sembra che i numeri in canna per i nostri siano già finiti: fatta eccezione per i paesaggi notturni di Bella Luna i Babe Rainbow corrono sui binari di un folk-pop sui generis (2nd of April, Running Back): ciò che rimane è una lettera d’amore acceso ai Beatles della summer of love come in Darby and Joan e New Attitude che chiude il disco in un’atmosfera generale di sonnolenza e arrangiamenti zuccherini che fanno domandare se non ci siano due gruppi a dividersi l’album.
Nei Babe Rainbow coesistono un’anima funk-pop anni ’70 (con screziature sixties, come la passione per il sitar di un immaginario flower-power) ed una propriamente anni ’60 votata a melodie facili, marcette folk-rock dai toni più rilassati. Se nel primo album questa commistione veniva mitigata da una maggior capacità di amalgama sonora, in “Double Rainbow” lo stacco tra le due anime del gruppo è netto (Alan Chadwick’s Garden) deludendo alla fine: ad una esplorazione psichedelica che si acuisce di contro le ballate si fanno più innocue. Sembra che alla band piaccia di più guardare compiaciuta il proprio ombelico musicale piuttosto che guadagnarsi un posto d’onore nel podio del pop-psichedelico contemporaneo (insieme ai connazionali Tame Impala). Il passo sarebbe breve ma questa seconda prova è solo una conferma a metà.
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