Black Tail ONE DAY WE DROVE OUT TO TOWN
[Uscita: 18/09/2017]
#consigliatodadistorsioni
Ci sono generi musicali che stanno pagando dazio, più di altri, a causa dell’esposizione di cui hanno beneficiato i gruppi che ne erano espressione. L’indie pop è forse il sommo paradigma di questa situazione: un fenomeno indipendente assurto a genere di successo, quasi mainstream, comporta la necessità di esprimersi in maniera originale e, soprattutto, di saper scrivere canzoni che “rimangano in testa”. Qualità che non mancano ai Black Tail, latinensi già apprezzati ai tempi dell’ottimo esordio in lungo “Springtime” (2015), seconda opera dopo il di due anni precedente ep “To E.S.”, che prendeva il titolo dall’accorata dedica a Elliott Smith, una delle palesi influenze del gruppo, nel decennale della scomparsa. Avevamo avuto l’opportunità di vedere la band dal vivo, maturando la convinzione che si trattasse di musicisti preparati e coinvolgenti, con un potenziale che avrebbe portato buoni frutti. Ed eccoli alfine, grazie agli sforzi congiunti delle benemerite etichette indie italiane MiaCameretta Records e Lady Sometimes Records: “One Day We Drove Out Of Town” è il disco perfetto per gli amanti del suono che sta tra Wilco e, appunto, Elliott Smith, e diteci se è poco.
Cristiano Pizzuti (voce, chitarre, tastiere, a destra nella foto) e Roberto Bonfanti (batteria e percussioni, a sinistra) hanno composto canzoni che reggono ascolti ripetuti, figlie di un differente approccio rispetto a Springtime (che era stato registrato in diretta e velocemente) realizzando un lavoro più meditato e meno vicino al folk, nel quale i brani vengono sviluppati a dovere, con arrangiamenti che esaltano il lavoro delle chitarre di Simone Sciamanna e del basso di Luca Cardone. Dall’opening track Sleepy Volcano (inizio compassato per un evolversi pop che cattura subito) in poi, l’album ci accompagna in una sorta di viaggio ideale nel quale scorrono immagini che ognuno può ritrovare nella propria memoria di ascoltatore, con qualche passaggio composto con la mente rivolta a Smith (Text Walking Lane) o che ricordano i primi lavori di band quali Spoon o Pinback (Spider/Galaxy, Downtown), con momenti intensi (la splendida A Fox, dalla quale proviene il titolo del disco (le liriche sono di Pizzuti) o ispirati a un incrocio ideale tra Wilco e Jayhawks (Slippery Slope) o a uno tra Feelies e Teenage Fanclub (Wild Creatures). Poi, quando meno te lo aspetti, in chiusura, parte Sycamore, un bellissimo brano lennoniano che fa presagire un nuovo corso per questi ragazzi dai quali ci attendiamo ulteriori prove di alto livello. Noi siamo già in prima fila.
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