Anthony And The Johnsons CUT THE WORLD
[Uscita: 6/08/2012]
# Consigliato vivamente da DISTORSIONI
Che Antony Hegarty afferisca più al mondo iperuranico dei puri spiriti che a quello ordinariamente terreno, lo si sapeva già. Basta ripercorrere la sua alata discografia, per esserne vieppiù convinti. Una musica tessuta nell’elemento aeriforme della grazia sbocciante, piena di pathos, armonia melodica confinante col piano metafisico, una voce che sembra provenire dalle regioni inesplorate e arcane del cuore umano. E anche in quest’album live tutto ciò s’avverte in maniera inoppugnabile. Una serie di sessions registrate dal vivo a Copenaghen, nel tour del settembre scorso, insieme all’Orchestra Nazionale da Camera Danese. L’unico brano inedito da studio è il meraviglioso frammento omonimo, Cut The World, splendido e sofferto affresco dell’umana infelicità, con la voce di Antony che lussureggia incontrastata su una magnifica base armonica, contrappuntata dal suono aurato degli archi e dal soffio ancestrale del flauto che conferiscono un’aura magica all’insieme.
Delle altre undici tracce dell’album, tutte assai note all’interno del prezioso repertorio del “cigno” di Chichester, spiccano in particolar modo, per bellezza cromatica e timbro melodico: Cripple And The Starfish, dalla trama delicata e translucida come un’ala di libellula; la meravigliosa You Are My Sister, con la voce di Antony a tessere trame armoniche d’altri tempi; Swanlights, nella quale il ritmo concertante della piccola orchestra ricama suoni di disarmante purezza espressiva; Another World, col suo carico di utopico anelito ad altri mondi, più nobili e meno inquinati dalla grigia ordinarietà del quotidiano. Frammento più ritmato e “mosso” è costituito, invece, da Kiss My Name, in cui la voce di Antony assurge a picchi di notevole energia e la potente base percussiva fa da sfondo sonoro adeguato.
Qui s’inserisce, ora, uno dei brani più intensi e commoventi dell’intero repertorio di Antony And The Johnsons, quello stupendo intarsio melodico che risponde al titolo di I Fell In Love With A Dead Boy, in cui la voce del Nostro tocca vertici di inaudita poesia, un soffio appena, una brezza gentile e commossa che scorre su immense distese di erbe smeraldine, sommuovendole un poco: da brividi. Il piano appena accennato e lievemente modulato in sussurro armonico, introduce The Rapture; il falsetto prolungato di The Crying Light, con il gemito quasi impercettibile degli archi, e di esili fiati in sottofondo, e la conclusiva Twilight, dai toni poeticamente crepuscolari, suggellano un bellissimo album, ricco di segrete armonie, di sussurri della materia entro le coppe dorate dello spirito, di sfumature d’oro brunito nell’ocra interiore di un tramonto.
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