The Jamie Saft Quartet BLUE DREAM
[Uscita: 28/06/2018]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
Non occorre attingere alle (approfondite) note di presentazione per riscontrare ciò che si palesa all’ascolto: “Blue Dream” è di fatto un viaggio entro il mutamento ma anche la circolarità degli stili – entro il jazz, naturalmente, offrendo una sorta di antidoto alle tendenze di comodo a collocare un dato ambito formale entro un limite identitario, e di come ciò può esser superato e trasceso da un approccio più aperto e trasversale, pacificante posizioni avversative rispetto alle connessioni di genere. Significativo praticante della tastiera, già gravitante nelle orbite di influencers quali John Zorn, Dave Douglas o Wadada Leo Smith, il newyorkese Jamie Saft presso tali scuderie ha già potuto affinare talenti e coltivare estri, tendendo ad una progettualità costruttiva che non disconosce il peso della grande letteratura per incanalarla verso le più attuali tendenze. Esponendo “nove nuove composizioni vibranti, spirituali ed energiche” a propria firma, oltre ad elaborare tre importanti standard, l‘album non manca di ribaltare prospettive e quadri rappresentativi, fidando nell’intesa collettiva e negli slanci individuali del tonico quartetto qui allestito.
Cosicché la torrenziale batteria del solido Nasheet Waits funge da vettore ritmico e cornice dinamica, così come le corde basse di Bradley Christopher Jones, esortando la corposa verve solistica d’ancia di Bill McHenry, che non si risparmia in un interplay vivido e pugnace con i tasti del titolare, in un gioco di ruolo in cui si concede protagonismo e ribalta, a turno e funzionalmente, ad ogni strumentista, calibrando il peso degli interventi nelle mimesi stilistiche che conferiscono corpo e senso ad un articolato programma di rivisitazione formale, visceralmente segnato da grinta espressiva e graziato da profondo senso del respiro musicale e dell’antitesi. Orientato dell’equanime leader e dal suo pianismo speziato di sapienza e scienza del rischio, un quartetto organico nelle intese quanto piuttosto sorprendente per i talenti linguistici, entro un’operazione che non è dunque percorso (ed indugio) nella memoria e che anche nell’approccio classicista mai palesa futile gioco accademico, abile nel sostenere sbilanciamenti armonici e di fronte, in cui impeti partecipativi e concitazione espressiva non ostano leggibilità e fruizione.
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