Samaris BLACK LIGHTS
[Uscita: 10/06/2016]
Islanda
Dopo il convincente debutto di “Silkidranga”, che era stato preceduto dalla pubblicazione per il mercato internazionale dei primi due ep, torna il trio islandese dei Samaris con un nuovo album che ha avuto una gestazione errante fra Reykjavik, Berlino e l'Irlanda e che ha visto i tre musicisti confrontarsi più attraverso i pc che de visu. Modalità resa necessaria dal fatto che ognuno dei tre Samaris vive in luoghi differenti, in particolare Þórður Kári Steinþórsson vive ormai a Berlino diventando un esponente della scena techno della città. E' questa infatti un'influenza che si sente nel cambiamento avvenuto rispetto all'album d'esordio. Già preannunciato peraltro dalla scelta di abbandonare la lingua natia a favore dell'inglese, ascoltando infatti questo “Black Lights” appare abbastanza evidente il tentativo di rendere più internazionale il loro sound, di essere più avvicinabile da quella grande platea anglofona o che comunque con la musica cantata nella lingua d'Albione ha dimestichezza. Il rischio in questi casi è però di perdere quelle qualità e quella tipicità che è tipica di un determinato luogo e di una determinata cultura, finendo così per spersonalizzare la propria musica e renderla sì più digeribile per tutti, m anche meno gustosa e interessante.
Ebbene sono riusciti i Samaris a non perdere la loro 'islandesità' a scapito di un prodotto più facilmente commerciabile? La risposta non può che essere 'solo in parte', e questo potrebbe rivelarsi un errore in un momento in cui la loro isola, grazie alla simpatia riscossa durante gli Europei di calcio, ha acquisito un'inattesa popolarità.Se infatti, soprattutto grazie alla voce di Jófríður Ákadóttir, si mantengono le atmosfere fiabesche e notturne, magiche e inquiete che li hanno fin qui caratterizzati, anche se i testi non ricorrono più alle saghe e alle leggende della tradizione islandese, convincono meno le scelte musicali, in cui l'elettronica di Þórður Kári Steinþórsson ha un ruolo sempre più prevalente e opta per beat nervosi, richiami al dub o alla scena di Bristol fino alla cosiddetta IDM. Il ruolo del clarinetto di Áslaug Rún Magnúsdóttir è più defilato. Intendiamoci Black Lights è un disco che si ascolta con piacere e interesse, contiene qualche bella e affascinante canzone come la title track o Gradient Sky, ma appare fin troppo normalizzato in un prodotto di elegante fattura, con poca anima e poca voglia di sporcarsi.
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