Diego Morga FLUORESCENZE
#consigliatodadistorsioni
Questo splendido lavoro del pianista pugliese Diego Morga, pubblicato in Danimarca dove vive da tempo, ci ha colti di sorpresa: vista la sua carriera artistica e didattica, abbiamo constatato come in un disco di 15 tracce, autoprodotto, si possano scorgere richiami a tutto il pianismo del Novecento, rivelatori della grande padronanza compositiva e esecutiva di Morga, senza alcun compiacimento al musical-mainstream televisivo o al soundtrack o all'elettronica che ormai è più solo preda dei dj-set. Registrato in studio a Bari nel 2013, "Fluorescenze" sfugge ad un incasellamento preciso: lo spazio tematico che copre l'album è all'interno di una contemporaneità che travalica etichette e tendenze, con sfaccettature volte a districare una matassa di suoni e scritture dove la lezione del pianismo di artisti quali Michael Nyman e Wim Mertens non è la sola matrice identificativa di riferimento: sarebbe troppo riduttivo annotare questi due nomi per valutare Diego Morga. Accanto alle tastiere dell'autore, solo il batterista Giacomo Mongelli lo accompagna in tutti i brani, salvo l'ultimo: il suo è un drumming levigato, attento a non debordare, capace di quelle fluorescenze cromatiche che riesce ad esaltare in un interplay riuscito. La materia sonora si giova di altri contributi: Vittorio Gallo al sax soprano (in Rosso Torbido), la fisarmonica di Francesco Palazzo (in Quiete e Tempeste), gli apporti electronics di Fantasmagramma (in quattro brani) e di Roberto Matarrese (in un brano), e lo String Quartet (in quattro brani, con Emanuela Lioy e Roberta Daugenti ai violini, Giuseppe Piccirilli alla viola e Scintilla Porfido al cello).
La sequenza dei brani è rivelatrice di un percorso che al suo inizio evoca l'attesa, che via via prende le forme di un andirivieni di emozioni e di stati d'animo, superata solo in Quiete e Tempeste e L'ame d'un Pianiste, dove le melodie si accendono di colori e sfumature più decisi, quasi a voler delineare la struttura compositiva dei brani di tutto il CD. E' curioso notare come nella scansione "a capitoli" di Fluorescenze, l'autore lasci tre post-it, quasi a voler segnare cambi di passo ma nella stessa direzione: sono i tre Incipit #1, #2 e #3 (rispettivamente, il 4°, 8° e 12° brano), dove Morga sottolinea la sua vasta conoscenza della musica e dell'arte contemporanea (ad es., in Incipit #1, la sua graffiata decisa sulle corde del pianoforte ci richiama il colpo di martello sull'incudine à la Duchamp di Gaslini…, o la pennellata decisa sul pavimento di Pollock). E' in Rosso Torbido che si ha la sensazione di catturare l'eco di Terry Riley (con In C), mescolato a qualche pagina di Steve Reich (Piano Phase), che qua e là spruzza quote di minimalismo autenticamente assorbito da Diego Morga, per superarlo, senza negarlo. Sul piano melodico, specie in Eterea, Les Passions e Waltz for A., si fruisce di sensazioni che rimandano al tardo romanticismo dell'Ottocento (Brahms, ma anche Debussy e Chopin), con qualche rinvio a Stravinsky, specie nelle parti più accese. La lezione di Diego Morga che abbiamo tratto non si ferma qui: lontano dai compiacimenti cui siamo soliti assistere da parte di presunti artisti della musica contemporanea "italiana" (anche se già allievi di Berio…), dobbiamo sottolineare che il terzo album di Morga non vuole affermare alcuna superiorità della musica euro colta rispetto a quella americana. Tutt'altro: ci sembra che questo lavoro sia un tentativo, riuscito, proprio di far incontrare le storie della musica degli ultimi 150 anni: proprio tutta la musica del mondo.
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