Paul Bley Sintesi di ricerca e innovazione
1932 - 2016
Questo anno “bisestile” si apre per il jazz con l’amara scomparsa di Paul Bley, una grande perdita. Pianista e compositore (Montréal, 10 nov. 1932 - 3 gen 2016), ha disegnato la nuova mappa del piano jazz accanto ad altre costellazioni, dove brilla, su tutte, la stella polare di Bill Evans.
Affrancatosi ben presto dal méntore Oscar Peterson (altro gigante canadese), Bley percorre una strada che lo vedrà costruire la prima vera forma trio, con Charles Mingus e Art Blakey (1953), poi nel ’58 con Charlie Haden e Billy Higgins, affiancati da Ornette Coleman e Don Cherry: è un incontro decisivo per Paul. Da quei semi, intrisi di un linguaggio capace di superare Charlie Parker e andare “oltre” gli schemi (la lezione free di Ornette), Bley trae una linfa vitale per costruire un linguaggio originale, che arricchirà di nuovi lemmi in un immenso orizzonte sonoro, per travalicarlo senza schemi fulminei o cambiamenti di rotta inattesi.
Passato attraverso sodalizi capitali (con Mingus, Dolphy, ma anche con Coleman Hawkins e Sonny Rollins, con Jimmy Giuffre e George Russell che lo affianca a Bill Evans) gli anni ’60 sono punteggiati da dialoghi in trio con Steve Swallow o Gary Peacock (al basso) e Barry Altschul o con Paul Motian alla batteria: incontri che segnano la conferma di una concezione diversa (ma non alternativa) alla forma trio di Bill Evans.
Attratto dalla cultura innovatrice dei primi movimenti di ricerca, nel 1964 partecipa alla “Jazz Composer’s Guild Association” cooperativa creata da Bill Dixon, con Carla Bley, Burton Greene, Mike Mantler, Roswell Rudd, Archie Shepp, Sun Ra, Cecil Taylor, John Tchicai e altri esponenti del free jazz. E' proprio in quell’anno che si separa da Carla, sposata nel 1957, che manterrà sempre il cognome di Paul. Dopo essere stato attratto dall’elettronica (dal 1969 al ’72, con Annette Peacock, pianista e cantante nel progetto “Synthetizer Show”), nel 1974, Bley crea l’etichetta IAI (Improvising Artists Incorporated).
Gli anni ’80 lo vedono accanto ad artisti emergenti quali Bill Frisell (chitarra) o sassofonisti poliedrici come John Surman, affiancati dal gigante dei drums Paul Motian. In Paul Bley vi è la sintesi di ricerca e innovazione, una cifra stilistica e distintiva che lo colloca tra i più grandi e originali pianisti e compositori del jazz e dell'avanguardia dell'ultimo mezzo secolo.
La galassia puntiforme di esperienze consolidate hanno condotto Bley a prediligere il solo-piano, una forma che svilupperà sino agli ultimi anni: la traversata in mare aperto, un dialogo intimo, ininterrotto negli anni, inteso sempre come un divenire. Ci mancherà, Paul Bley, con il suo tocco sulla tastiera come il respiro durante una vogata, elegante e mai spigolosa, capace di dialogare con il vento o con il soffio di una linea melodica interiore.
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