Matteo Tundo ZERO BRANE
Matteo Tundo, giovane chitarrista potentino ventiquattrenne, ma di stanza a Firenze, pubblica il suo secondo disco a proprio nome, dopo “Acatalepsy” del 2014, per la tedesca Aut Records. La sua attività musicale si muove fra sperimentalismo, elettronica e improvvisazione e, come ben emerge da questo suo ultimo lavoro, dedicandosi anche alla composizione. Le sette tracce dell'album, l'ottava è la cover di Twelve Tone Tune Two di Bill Evans, denotano infatti, pur nell'apparente caos dell'improvvisazione, un'attenta e misurata costruzione dei brani. Accanto a Tundo alla chitarra ci sono: Emanuele Parrini al violino e viola, Piero Bittolo Bon al sax alto e al clarinetto, Alessio Riccio all'elettronica, Simone Graziano al Fender Rhodes e Matteo Giglioni alla batteria. «Ho scelto questo organico per riuscire a muovermi facilmente fra sonorità cameristiche e altre più elettroniche, cercando il giusto equilibrio tra loro. Ho cercato di dare spazio al sax e al violino come strumenti solisti, mentre il rhodes e la chitarra costruiscono le trame sonore; il mio obiettivo primario era evitare a ogni costo di produrre musica 'chitarrisitica'». Obiettivo quest'ultimo pienamente raggiunto, la chitarra quasi si occulta o, meglio, si camuffa, tanto strani e inconsueti sono i suoni che ne escono che non sempre è facile individuarla. Ma anche l'obiettivo dell'equilibrio mi pare sostanzialmente ottenuto, ogni brano ha infatti una sua struttura e una sua atmosfera ben precisa e distinta e l'apporto dei singoli strumenti non è mai soverchiante sugli altri.
Il titolo “Zero Brane” rimanda a un concetto della fisica contemporanea elaborato nell' ambito della teoria delle stringhe e della M-Theory, «indica una realtà priva di dimensioni, il più piccolo concetto matematico che la mente possa immaginare» (dal comunicato stampa). Questo può far pensare a un disco molto cerebrale, invece ci troviamo davanti a una musica, certo molto pensata, ma anche dal forte impatto emotivo e fisico che privilegia la creatività legata all'improvvisazione. In Moonog i suoni sembrano avvilupparsi tesi, spasmodici in un alternarsi di impennate e inabissamenti, mentre Zero Brane crea attraverso suoni elettronici profondi e spaziali un'atmosfera di inquieta attesa. Notevole in Idea il dialogo fra i vari strumenti in brevi improvvisazioni soliste; in Symmetries Of The Universe l'esercizio dell'improvvisazione si esplica in un sottile e nervoso arabesco sonoro nel quale le singole note prodotte dai vari strumenti sembrano rincorrersi nella complessa tessitura dell'ordito. Forse ci si sarà potuta fare un'idea da queste prime, difficili descrizioni del tipo di musica che vi troverete, il livello qualitativo rimane sempre alto, cambia il tono alternando momenti più riflessivi e meditativi ad altri più tesi e aggressivi, segnaliamo almeno la suggestiva inquietudine della conclusiva Antimateria, possibile colonna sonora di un universo post apocalisse. Merito di Tundo l'aver trovato il giusto equilibrio fra le regole della composizione e la libertà espressiva dell'improvvisazione.
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