Adern X LIEBE IST WARMER ALS DER ZEIT
La melodia non abita più qui. E nemmeno la musica, aggiungerebbe qualcuno più categorico non avendo neppure tutti i torti. E allora che succede? Succede che questo album di Adern X (al secolo Andrea Piran, anche titolare dell'etichetta Xevor per cui esce il disco), che si propone ai samples, loops, radio (sì, proprio quella che ascoltiamo normalmente), piano, e nastri registrati, non è altro che un esperimento di musica non-musica come ci hanno abituato alcune avanguardie di musica concreta fin dal primo novecento e oltre. Per esemplificare diciamo che se in pittura vi sono i tagli sulla tela di Lucio Fontana, in musica (?) ci può stare anche questa miscellanea di rumori ingiudicabile.
L’album parte bene con A Day Apart, un susseguirsi lentissimo e maestoso di loops piuttosto affascinanti che si avvicinano in parte alle cose più oltranziste dei Corrieri Cosmici teutonici. Ma il resto? Solaris è una minisuite di undici minuti esclusivamente realizzata con frammenti di voci e rumori (pochi suoni) provenienti da una radio sintonizzata su diverse stazioni che sfrutta particolarmente la stereofonia. A Mental Image Of F è una serie di tocchi, sibili e rumori percussivi e reiterati sulla scia di certe cose di musica contemporanea che ricordano il nostro Vittorio Gelmetti quando accompagnava i reading di Carmelo Bene. Dialoguing è un’altra mescolanza di rumori, voci umane incomprensibili e finti cinguettii di finti uccelli à la Alvin Lucier (Bird and Person Dyining, 1975). A Mental Image Of A, è l’unico brano che vede uno strumento vero, un pianoforte che ripete ossessivamente poche note, senza alcuna melodia, doppiate e sovraincise, per concludere, dopo altri brani (?) simili, con A Night Ending una poderosa suite di diciotto minuti (pensate a un’intera facciata di LP) fatta solo di rumori continuamene interrotti e bruscamente spezzettati inframmezzati da minime pause di silenzio; per capirci, se vi è mai capitato un CD difettoso che salta continuamente il risultato è identico.
Ora non si vuole negare il coraggioso pensiero di base che senz’altro esiste in questa apparentemente inascoltabile opera anche se il risaputo concetto del “un disco così lo faccio anch’io” è proprio dietro l’angolo; chi scrive non è scevro dall’ascolto e dalla conoscenza di situazioni che trascendono ogni tipo di musica per “elevarsi a uno stadio superiore” che travalica ogni suono conosciuto basato sull’esplorazione di fenomeni acustici e percezioni uditive: Lucier l’abbiamo già citato, gli statunitensi Negativland, hanno vissuto di rumori e di spezzoni radiofonici per anni, John Cage lo conosciamo bene, La Monte Young altrettanto, così come Stockhausen e il nostro Battiato più sperimentale (Mademoiselle le “Gladiator” del 1975) certo, anche il blues, il rock o il jazz, li conosciamo da anni e c’è chi continua a suonarli e a proporli al pubblico, quindi perché negare o distruggere ciò che può essere inascoltabile alla massa, ma che per pochi esegeti è invece fonte di fascinazione e ha una reale ragione di essere? Dopotutto se c’è chi visita una mostra d’arte per ammirare i tagli di Fontana (vedi chi scrive) si può anche tentare di ascoltare questo album.
Video →
Commenti →