Alì LA RIVOLUZIONE NEL MONOLOCALE
Un altro cantautore si affaccia sull'affollata scena indie italiana. Il suo nome è Stefano, il cognome è Alì e come tiene a precisare non ha niente a che vedere col famoso Cassius Clay. Viene da Catania, terra di talenti, Carmen Consoli per dire ma soprattutto Franco Battiato. Il titolo del suo disco è assai impegnativo "La rivoluzione nel monolocale", la copertina è desolante, un gigantesco blocco di cemento da periferia suburbana, davvero brutto, ma il disco non è molto meglio. Un album che appartiene a quella categoria di dischi che sentito un pezzo li hai sentiti tutti. La voce monocorde non aiuta Alì, il suo tono sommesso e la sua scarsa estensione finiscono per appiattire il disco che al pari della copertina appare un unico blocco granitico dal quale scindere o salvare qualcosa appare impresa disperata. I testi per un titolo così non sono poi così aggressivi e cattivi. Cito: " alla tv programmi demenziali, ci disegnano le sorti del belpaese", oppure l'attualità in "e quieto aspetto ormai l'aumento dello spread, l'affitto e la recessione". Più rassegnazione insomma che rabbia. In sintonia dunque con l'andamento malinconico-depresso di cui è cosparso questo disco. Inutile citare un pezzo o l'altro, fa poca differenza, e la produzione di Lorenzo Urciullo (Colapesce) non riesce a fare miracoli. C'è pure una cover di Paolo Conte, Il miglior sorriso della mia faccia ed almeno quella Stefano poteva risparmiarcela. Un disco che scivola via senza emozionare.
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