Migliora leggibilitàStampa
26 Aprile 2013

Golden Void + Cosmic Dead + Da Captain Trips 13-03-2013, Lo-Fi Milano


golden-void-self-titled-albumMentre fuori si affacciano I primi veri sintomi della primavera, passo un piacevole pomeriggio in compagnia dei Golden Void per una intervista con la band che si trasforma in una lunga e piacevole chiacchierata che spazia un po’ su tanti fronti. Arriva la sera ed il tempo di iniziare con i Da Captain Trips, li seguo un po’ distratto complice un po’ di stanchezza da cui fortunatamente poi mi riprenderò. ma il loro stoner-psych strumentale di stampo Grateful Dead, Kyuss e Cream mi sembra avere qualche groove di buon livello. Seguono gli scozzesi Cosmic Dead autori di un suono davvero strepitoso nel suo regnare nella confusione generale in  cui basso, chitarra, batteria e synth, ci ribaltano  addosso un vortice che avvolge e distorce le forme sonore, ma sempre senza sbavature. Brani lunghissimi in cui le urla dannate e  distorte del tastierista Omar Aborida squarciano il muro di suono che il quartetto ci scaglia contro per un set di una mezz’ora davvero potente.

 

I Golden Void salgono sul palco quasi all’una, e si mostrano subito autori di uno stoner-rock di stampo Hawkind (da una cui canzone la band prende il nome) con chiari rimandi ai Black Sabbath sia nel modo di suonare da parte del davvero bravissimo chitarrista Isaiah Mitchell, che anche nel suo modo di cantare che in molti tratti ricorda Ozzy. Nulla di stravolgente e particolarmente innovativo, ma non erano certo queste le aspettative quanto piuttosto quelle di assistere ad uno show comunque suonato in maniera davvero coinvolgente e sanguigna. E da questo punto di vista, il quartetto di San Francisco decisamente non delude la cinquantina di persone presenti! Faccio amicizia con alcuni di Golden Void 2767 queste che mi confermano quanto valida la performance in corso risulti così non solo per il sottoscritto.

 

Le capacità tecniche di Isaiah sono davvero notevoli ed anche il modo di suonare il basso di Aaron Morgan ricorda molto più un chitarrista che un vero bassista, sintomo del marchio personale che la band riesce comunque ad imprimere dal vivo, complice anche le texture vocali e della tastiera di Camilla e del drumming martellante quanto essenziale di Justin Pinkerton. Sembra di tornare indietro agli anni ’70 con quelle chitarre così piene di wah-wah e feed-back che scaturiscono dalla Johnson di Isaiah e questo, tutto sommato, non è affatto male. In poco più di quaranta minuti, i nostri ci propongono tutto il loro album d’esordio, terminano il loro set per essere richiamati sul palco a gran voce e proporci ancora due canzoni. Finiscono e immediatamente si mescolano ai presenti per scambiare quattro chiacchiere con loro in un atteggiamento da anti-star che fa solamente loro onore. Sono quasi le due e mezza e Golden Void mentre salgono sul tour bus che li porterà in albergo mi salutano e mi danno appuntamento a presto perché, dicono, torneranno sicuramente a breve. Sarà senz’altro un piacere rivedere Mr. Mitchell e soci!

Ubaldo Tarantino
Inizio pagina