Spazio Filosofia: L'Esistenzialismo Precursore del pensiero moderno
Nonostante le sue convinzioni cristiane, Soren Kierkegaard viene generalmente considerato il primo esistenzialista per aver definito "spaventosa" la visione umana che lega casualità e indifferenza al pensiero di universo. Verso la fine del 1800 (Kierkegaard, danese, visse nella prima metà di questo secolo) erano in molti a pensare e ritenere che gli esseri umani fossero sul punto di fare propria l' intera conoscenza; grazie alla fisica ed alla matematica la cognizione del mondo teorico e naturale sembrava essere ad un passo, e da lì a poco quella stessa realizzazione si sarebbe estesa alla sfera sociale: l' umanità avrebbe conosciuto una nuova epoca dorata e illuminata dalla sapienza scientifica. Ma forse quella esagerata presunzione (ciò che i greci antichi chiamavano hubris) insieme allo smisurato ottimismo si sarebbero scontrati con la ben più umile realtà dei fatti e della prassi: e così fu all' inizio del secolo successivo.
Con la teoria della relatività di Einstein, con la teoria dei quanti e il principio di indeterminazione di Heisenberg e con il teorema dell' incompletezza di Godel, ecco che il mondo teorico venne messo a soqquadro, le certezze svanirono e così la fiducia nell' avvenire si trasformò in inquietudine e rassegnazione. La prima guerra mondiale e le avvisaglie, poi confermate, del secondo conflitto, minarono in profondità l'ottimismo degli animi e il sentimento filosofico che prese piede fu quello di scarsa fiducia nell'uomo. Parliamo di sentimento perchè, come molti altri, riteniamo l' esistenzialismo, sbocciato essenzialmente in Francia, più uno stato d' animo che non una filosofia vera e propria, ma anche una feconda infiorescenza artistica, la cui stagione d'oro si dipanò negli anni Cinquanta a Parigi, nelle notti inquiete e sotterranee delle sue 'caves', partorendo grandi immortali figure come la cantante-attrice Juliette Greco ed il compositore-cantante Jacques Brel. Alcuni dei testi fondamentali dell'Esistenzialismo sono infatti dei romanzi: "La nausea" di Jean-Paul Sartre, "Lo straniero" e "La Peste" di Albert Camus i classici esempi. Dal testo de Lo Straniero fu tratto nel 1967 un omonimo film (noto anche come "Amare per vivere") diretto da Luchino Visconti. Anche La Peste ispirò una pellicola, quella omonima dell'argentino Luis Puenzo nel 1992.
Gli esistenzialisti, dunque, si calano in quell' abisso convinti che non vi fosse nessuna essenza iniziale (respingendo quindi sia l' ideale platonico che quello religioso-divino) ma solo l' essere. Tuttavia essi cercano un' etica in assenza di un’idea essenziale di bontà. Affermavano cioè che dobbiamo fare la cosa giusta (in rapporto alla responsabilità verso tutti gli uomini) anche se non c'è motivo di farla: le cose inique accadono solo perchè accadono, non per punizione. Questo liberava dal senso di colpa, fra le altre cose. Gli esistenzialisti, insomma, riscoprono la moralità e può darsi che il loro pensiero filosofico si riduca a questo. Naturalmente non riescono a spiegare perchè si dovrebbe seguire una morale piuttosto che un' altra: in ciò ricordano Kant senza la giustificazione religiosa e, in parte, il proto-esistenzialista Kierkegaard. Jean-Paul Sartre (1905-1980) poneva anche la questione del libero arbitrio (di nuovo la responsabilità personale e universale) in virtù dell' indeterminismo: ciò può apparire scoraggiante e liberatorio a seconda delle interpretazioni. Albert Camus (1913-1960) era particolarmente attratto dall'assurdo, di cui si serviva per descrivere (da letterato) il sentimento di una esistenza priva di significato: i suoi eroi spesso si sacrificano nonostante tutto.
Ma esiste anche un versante profondamente nichilista, precursore del pensiero moderno, nel pensiero di Camus, espresso alla perfezione dall'intro del suo saggio "Il Mito di Sisifo" (1942): "Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia". L'estetica del suicidio, intesa come la massima espressione della libertà umana, nei due decenni successivi trovò più di un'epigone nel mondo della cultura e dell'arte, anche italiano: nelle decisioni estreme di Cesare Pavese nel 1950, di Luigi Tenco nel 1967 si leggono dei profondi 'gesti esistenzialisti'. Si tratta di idee molto soggettive e spesso poco razionali, in un certo senso non dissimili dal vecchio romanticismo in cui l' emotività esprime concetti che derivano dai sentimenti più che da una vera e propria analisi o da un metodo: crediamo che questo possa produrre ottima letteratura e poesia ma non filosofia. D'altra parte, pur appartenendo alla sfera irrazionale - come potrebbe essere un prodotto artistico - possono comunque farci riflettere: da prendere con grande cautela. Alcuni sostengono che filosofi metafisici quali Heidegger possano essere annoverati fra gli esistenzialisti: senz' altro si tratta di filosofi dell' esistenza ma nel caso specifico di Heidegger (discepolo di Husserl) crediamo lo si possa facilmente ricollegare all' idealismo tedesco hegeliano. Inoltre l' eccessiva saturazione grammaticale con termini incomprensibili e arbitrari lo rendono non solo difficile ma anche inutile, se non per quanto riguarda l'ermeneutica. Ma questa è tutta un' altra storia.
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