Kutso Parla Matteo Gabbianelli + Kutso Live
KUTSO
La prima volta che ho sentito per radio Aiutatemi, il loro pezzo più noto, ho pensato che fossero completamente pazzi a chiamarsi KuTso (si legge all’inglese!) e pretendere anche di avere un certo credito tra le emittenti. Superato il primo momento di empasse e ascoltando quello che avevano da dire con la loro musica l’impressione di follia resta, ma la particolarità del nome passa in secondo piano. Irriverente, sfrontata, autoironica e quasi lanciata con sfida a chi ascolta, la canzone che li ha resi noti per primi tra il pubblico romano è una divertente parodia dei trentenni odierni, costretti a fare i conti con un futuro sempre più incerto e i consigli più o meno richiesti di chi “sa tutto” basandosi su parametri ormai obsoleti. Chiunque abbia vissuto un minimo questa situazione troverà quanto meno liberatorio questo pezzo, da cantare rigorosamente ad alta voce, soprattutto il suo finale. E’ stato due anni fa, Aiutatemi era l’unico pezzo presente in rete su Youtube, con qualche centinaio di visualizzazioni, un video a basso budget con quattro ragazzi che suonano strumenti giocattolo in un cortile, niente di particolare ma con un discreto montaggio. La canzone in sé aveva potenziale e il passaparola ha fatto il resto: nell’arco di un paio di mesi le visualizzazioni sono schizzate oltre le 26 mila. I loro live sono intrisi della stessa sfrontata irriverenza. Durante una delle loro serate ho incontrato Matteo Gabbianelli, cantante del gruppo.
L’INTERVISTA
Marina Pinna (Distorsioni) - Innanzitutto chi sono i KuTso? Quando avete cominciato a fare musica, avete suonato in altri gruppi?
Matteo Gabbianelli - I KuTso sono il gruppo più significativo della storia dell’umanità, abbiamo la verità e la divulgheremo a tutto il mondo. Suoniamo da tanto, ma insieme suoniamo da cinque anni, tutti noi abbiamo esperienze in altri gruppi precedenti. Io suono da quando avevo 14 anni. A 20 anni insieme a Adriano, degli attuali Bud Spencer Blues Esplosion, avevamo un contratto con la Sony. É stata la prima “imboscata” dell’ambiente musicale, la prima “sola” diciamo.
La lineup del gruppo è la stessa di quando avete cominciato? Ditemi qualcosa di voi.
La lineup è cambiata in continuazione, ora siamo Matteo Gabbianelli alla voce, Alessandro Inolti alla batteria, Donatello Giorgi alla chitarra e Luca Amendola al basso. La nostra musica è un mix tra scherzo e provocazione unito ad un linguaggio sonoro gioiosamente frenetico. Le nostre canzoni solari e irriverenti sono caratterizzate da forti dosi di simpatico disfattismo e smielata autoironia.
Come nasce il gruppo e soprattutto (domanda di rigore) come nasce il nome, chi l’ha scelto o meglio come è saltato fuori.
Il gruppo nasce dalla mente malsana di Matteo Gabbianelli; ai tempi del liceo, era solito scrivere parolacce sui banchi di scuola “inglesizzandole”. Ad esempio ‘coolaw’, ed è così che è nato prima “cutso” e poi “Kutso”.
Non pensate che a causa del nome qualche radio possa avere difficoltà a passare la vostra musica?
No anzi, quasi si crea un gioco attorno. Il problema principale non è il nome, è che è proprio impossibile arrivarci a certe radio.
Parli dei grossi network?
Sì, non sono avvicinabili.
La prima volta che vi ho sentito per radio poi vi ho cercato su Youtube, siete zompati da poche visualizzazioni a... a che quota siete adesso? Oltre 60 mila? Come è nato il video di Aiutatemi, raccontatemi cosa c’è stato dal caricamento del vostro video in rete fino ad oggi che avete un EP da promuovere.
Abbiamo capito che per avere visibilità bisogna “esistere” sulla rete anche sotto forma di immagini. Un nostro amico e sostenitore, il fotografo e videomaker Michele Baruffetti, si è proposto di aiutarci nell’impresa di creare un video senza spendere un euro. Così siamo scesi nel parco sotto casa con degli strumenti giocattolo e quattro biciclette per bambina ed abbiamo cominciato a girare a casaccio. La forza del video è tutta nel montaggio. Radio Rock è stata una manna dal cielo. Tutto è nato dal nostro incontro con uno dei dj, Matteo Catizone, che ha preso a cuore il nostro progetto e l’ha proposto allo staff della radio. Da quel giorno non hanno mai smesso di passarci e sostenerci.
Come è cambiato il vostro mondo?
Per ora l’aspetto più evidente e positivo è l’incremento notevole dei nostri concerti. Abbiamo un EP in promozione con la 22R, che ci sostiene anche per quanto riguarda il merchandise, e un fonico dedito alla band, Matteo Ferrara che è un po’ il nostro quinto elemento.
Parlatemi di questo primo lavoro, da cosa è composto?
Abbiamo inserito nell’EP quattro nostri brani che in qualche modo rappresentano meglio il nostro stile del momento. Le canzoni sono state composte in tempi diversi nell’arco di questi ultimi cinque anni. L’abbiamo registrato, mixato e masterizzato in circa una settimana, presso il nostro studio, la famigerata KuTso Noise Home.
E’ cambiato il vostro rapporto con la musica che fate?
No, ma comunque si può dire che non sia ancora successo niente. Bisogna vedere se e quando staremo sulle riviste e nei network nazionali cosa succederà.
Che musica ascoltate, o se preferisci, da chi vi sentite più influenzati?
Giorgio Gaber, Weezer, Beatles, Nirvana, Lucio Battisti, Gigi Proietti, Iggy Pop, Beach Boys, Michael Jackson, etc
Qualche volta paragonano la tua voce a Ivan Graziani, e in alcuni passaggi il timbro sembra uguale. Cosa ne pensi, ti fa storcere il naso, ti ci ritrovi o non te ne frega niente?
Non mi dice niente, o meglio fondamentalmente mi lascia indifferente che mi dicano che la mia voce assomiglia a qualcuno. Perché non sono un fan di nessuno, se non di me stesso. Però non è che mi dispiace. Ivan Graziani è fico, riconosco che ha un valore. Però non so, grazie, grazie, grazie a tutti!
Tempo fa avevo visto un video che girava in rete di alcune ragazze, forse un po’ alticce, che cantavano Aiutatemi, cosa avete pensato quando vi siete visti coverizzati.
Quello mi ha fatto piacere, a differenza di quando mi dicono che assomiglio a qualcuno. Non sono le uniche, anche a Torino dei ragazzi hanno fatto un video mentre cantano in Piazza a squarciagola un nostro brano.
Nei vostri live la cosa che ho notato è che le sanno tutte a memoria le vostre canzoni.
Sì, anzi li prendiamo sul palco e gli diciamo cantate voi.
Ricordo che qualche tempo fa ti è mancata la voce, e hai postato un appello per trovare fan disposti a cantare al posto tuo, com’è finita?
E’ finita che le persone, se succede spontaneamente durante il concerto lo fanno, se glielo chiedi si intimoriscono, quindi ho dovuto cantare io tutto un’ottava sotto.
Da poco è uscita una normativa in Inghilterra per cui i piccoli pub non devono più richiedere la licenza per fare musica dal vivo. Cosa ne pensi rispetto alla situazione italiana.
La risposta è complessa. Io credo che la musica, come l’arte in generale è nel campo dei gusti. Quindi non esiste il bello, non esiste il brutto. Una cosa che per te è arte per me è una merda che non ha nessuna dignità. Detto questo, io capisco che la musica nei locali, per chi vive intorno a un locale il più delle volte è veramente soltanto frastuono, casino o comunque roba senza senso che non ha valore. Io credo che le persone che vanno fino in fondo in un’attività, che può essere l’arte, può essere qualsiasi cosa, sono poche, sono la minoranza tra coloro che la fanno. Quindi vuol dire che su cento musicisti, quelli che veramente hanno un senso sono cinque, tutti gli altri sono turisti della musica. La differenza è quanto tu vuoi fare questo nella vita, quanto tu sei disposto a sacrificare tutto per questo. Tutto, figli, moglie, casa, tutto. Se vuoi fare questo ai massimi livelli è così. Siccome sono poche le persone che sono disposte a fare questo, il più delle volte è vero che la musica non è cultura, perché chi la fa non c’entra un cazzo con la cultura.
Questo non significa che io voglio tirare un sasso contro me stesso ok? Però è anche una selezione. In Italia è un po’ difficile, però io non credo all’oro negli altri paesi, perché un po’ li ho girati e non stanno diversamente da noi. C’è un sottobosco di schifo di fango, di calci in faccia, dappertutto, e poi sono tre quelli che hanno l’oro. E questo secondo me vale dappertutto. Se tu italiano vai in Inghilterra a proporti per suonare, ti trovi di fronte alle stesse difficoltà per farti dare i soldi, per farti dare da mangiare. Il contro dell’Italia è che in Inghilterra o fai le cose in regola o non le fai, in Italia o fai le cose in regola o le fai ‘non’ in regola, però le fai. I sistemi si controbilanciano secondo me. La mia vita non mi ha messo di fronte a dei muri così insormontabili, se c’è un ostacolo gli giro intorno, e ho visto che bene o male il sistema se vuoi ti permette di fare il tuo discorso. Quindi io sono sempre un po’ scettico a dire vedi li fanno così qui invece noi ancora... non ci credo.
Hai uno studio di registrazione, come ti sembra la musica che senti facendo questo lavoro?
Ti dico una cosa che potrebbe essere il carattere dell’italiano. Senti tante persone che hanno anche delle buone idee musicali, però non c’è la perseveranza, non c’è la costanza, vengono tantissimi gruppi che non sanno suonare quello che hanno in mente. Quindi alla fine il risultato è scadente, a meno che non intervenga io in studio a correggere tutto, come faccio. Il risultato sarebbe scadente perché ti sei fermato all’idea, non sei andato fino in fondo, non ti sei fatto un culo così per imparare a suonare. È questa la realtà dell’Italia, il pressapochismo. Nel sottobosco c’è tanto pressapochismo, ci sono tante idee, bellissime idee non supportate dalla capacità. Capacità che si acquisisce col sacrificio. Su dieci veramente validi, ce ne sono mille che è meglio che la musica la ascoltino e basta!
Tempo fa vi avevo chiesto dove vi vedevate tra un anno? E tu mi rispondesti: “Dissolti nell’aria o dentro una bara (una sola per quattro)”. Non è successo niente di tutto ciò per fortuna, nel frattempo siete andati ovunque a suonare.
Quasi ovunque, quest’anno è stato positivo perché siamo cresciuti a livello di audience, anche di cachet, di gente che viene a vedere i concerti, però ancora ci manca il Nord, ci manca ancora molto. Quello che stiamo facendo non è niente, niente.
Ho capito, dovete conquistare il mondo!
Almeno l’Italia.
KUTSO LIVE - 10 Marzo 2012, Yeo Yeo! Roma
Saluto Matteo che deve andare a prepararsi per la serata. Partecipare ad un concerto dei KuTso è un po’ un’esperienza sui generis. Ci trovi gente vestita da gorilla, una damina, una che suppongo sia Minnie, uno vestito da banana che salta addosso al cantante a metà serata. E poi capita che ti inzuppi d’acqua, perché Matteo sul palco non sta fermo un attimo, salta, si dimena, si tuffa sul pubblico e usa l’acqua a mo’ di battesimo e quindi innaffia le prime file. Sembra di essere ad una proiezione del Rocky Horror, ed è altrettanto divertente. Ma non si può dire che il frontman sia l’unico a dare spettacolo. Ho visto Donatello, il chitarrista, vestito da coniglietto, da atleta con i pantaloncini corti (eravamo a febbraio), da adolescente americana in trecce bionde e T-shirt con un grande cuore rosa, visione che potrebbe traumatizzare chi non ha uno stomaco forte. Stasera è vestito da Papa, con tanto di mantello porpora e tiera.
La sala è stracolma e come sempre dalle prime note di Via dal mondo, passando per Compro una TV o Eviterò la terza età il pubblico canta a squarciagola tutti i testi insieme al cantante. Le loro canzoni sono fondamentalmente semplici, a volte nonsense, ma solari e generano buonumore, con una punta di irriverenza punk, regalano due ore ininterrotte di musica e adrenalina, e non può terminare la serata senza quello che è ormai un grido di battaglia, Aiutatemi. É il momento in cui il pubblico sale sul palco per cantare, mentre il cantante da sotto “dirige”. Dalle prime volte che li ho visti esibirsi noto non solo che sono cresciuti nel fare spettacolo, ma sono aumentati anche gli obiettivi professionali a tenerli d’occhio, e i taccuini a prendere appunti, una lucida follia quella dei KuTso alla conquista del pianeta (musicale).
KUTSO:
Matteo Gabbianelli: voce
Luca Amendola: basso
Donatello Giorgi: chitarra e cori
Alessandro Inolti: batteria e cori
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