Wolf Parade CRY, CRY, CRY
[Uscita: 6/10/2017]
Canada
Dopo “Expo 86” Wolf Parade hanno impiegato sei anni per uscire dalle secche di un’ispirazione in debito di ossigeno, prima con l’EP omonimo, pubblicato nel maggio del 2016, e poi con questo “Cry Cry Cry”. Premessa vuole che avendo la band di Spencer Krug e Dan Boeckner dato alle stampe un album della caratura di “Apologies to the Queen Mary” (2005) risulta difficile valutarne con obiettività la successiva produzione. In quel disco ogni brano era imbevuto di un sentore di vita irriducibile, come attraversato da una irrequietezza punk sottoposta alle scosse di quella stessa new wave lasciata in eredità dagli Arcade Fire con “Funeral”, come un testimone consegnato alla scena indie canadese. Detto questo Cry Cry Cry non è affatto un cattivo album, anzi al contrario è pieno di buone canzoni la cui meccanica funziona a dovere sul piano della facile presa, soprattutto in rapporto alla prima parte dove si concentra la maggiore qualità. Il suono è fermo ai primi anni duemila, cristallizzato nell’area indipendente in cui prevale la costante sensazione di volere a tutti i costi indossare abiti di un tempo, oggi divenuti troppo stretti.
La drammaticità dell’opener Lazarus Online è ben bilanciata da un mood in deriva electro-pop, così come la fatua spensieratezza You’re Dreaming dotata di un indubbio ritornello catchy. Con Valley Boy si gira sempre dalle parti degli Arcade Fire, soprattutto quando il brano spinge verso una coralità che si insinua negli anfratti della successiva Incantation, avvolta in una nebbia di fiati. L’ottima Flies on the Sun segna uno spartiacque nella tracklist, considerato che a partire da Baby Blue, decisamente troppo diluita in una soluzione di pseudo prog, qualcosa si rompe e tutto subisce un generale abbassamento di tensione. L’elemento negativo è rappresentato da una complessiva omogeneità armonica e di arrangiamento che livella ogni rilievo, a discapito della parte migliore del lavoro. In definitiva Cry Cry Cry non è quello che ci si aspettava dai Wolf Parade: queste undici canzoni rappresentano un restringimento di quel vasto orizzonte post adolescenziale intravisto nel lontano 2005 ed oggi sarebbe stato più credibile mostrare le rughe, piuttosto che schermarsi dietro una falsa eterna giovinezza.
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