Lana Del Rey ULTRAVIOLENCE
[Uscita: 13/06/2014]
LANA Del Rey, la cantante newyorchese ha di fatto iniziato la campagna pubblicitaria per lanciare il suo terzo disco in studio, "Ultraviolence" con questa dichiarazione shock rilasciato al noto The Guardian "Vorrei essere già morta". In passato aveva pure affermato di avere delle dipendenze dagli alcolici quantomeno preoccupanti. Tutte mosse pubblicitarie per scolpire una immagine pubblica estrema o solo fatti reali? Mai lo sapremo e poi in fondo è la musica che parla per lei. Di certo ascoltando le sue canzoni viene fuori un personaggio che è l'esatto opposto della cantante maledetta, quella sempre in bilico fra l'esserci o scomparire da un giorno all'altro. Quella voce sussurrata e stucchevole che stanca anche solo ascoltando 3-4 canzoni è solo il prodotto di prodigiose alchimie di studio, che con la tecnologia di oggi riesce a limare ed eliminare tutte le imperfezioni possibili ed immaginabili.
Memorabili rimangono le sue stecche ad una apparizione in tv al famoso Saturday Night Live nel 2012, che la fece pure desistere dall'iniziare il tour di "Born to die", il suo disco di maggior successo che ha raggiunto l'esorbitante ed ingiustificata cifra di oltre 4 milioni di copie venute. Sono seguiti per lei momenti di puro sconforto e panico ma, si sa, the show must go on. L'attesa per il nuovo disco era enorme anche perché Lana Del Rey aveva promesso una svolta radicale verso territori trip-hop più raffinati giusto per allontanarsi un attimo dal mainstream vero e proprio. Ma lei non ha la classe né la capacità di una Fiona Apple né tantomeno di Tori Amos per calcare questi territori. In "Ultraviolence" troviamo i soliti testi che parlano di vizi e virtù della specie umana, perversione e tanta violenza come da titolo Arancia Meccanica style. Una violenza che se appare nei testi viene smorzata dal languore delle 11 composizioni, 14 nella inevitabile edizione deluxe, lunghe litanie in media di 4-5 minuti che si trascinano stancamente, una molto simile all'altra. I titoli delle canzoni sono sintomatici: delle ‘robe’ come mondo crudele, ultraviolenza, ragazza triste, sono felice quando piangi, denaro potere e gloria, insomma un vero inno alla depressione.
Pure quel viso da innocuo angioletto sulla copertina del disco, volutamente in bianco e nero per dare un aspetto più cupo e rispettabile al tutto, sembra solo un tentativo di depistaggio. Si scorge a tratti il tentativo di allontanarsi dalla faciloneria di pezzi da charts come Video Games o Born to die, le due ballate soporifere che le hanno regalato celebrità ed un conto in banca chilometrico. Qui è difficile separare qualcosa dal totale delle canzoni, che nella versione estesa superano l'ora d'ascolto, ma è proprio la voce zuccherosa e svenevole di Lana che appiattisce idee musicali che qua e là fanno capolino tra i risvolti del disco. Da censura la sua decisione di incidere la leggiadra The other woman della pianista blues Jessie Mae Robinson, che la sublime Nina Simone rese immortale. Il mondo della musica rock non ha bisogno di altri personaggi come Lana Del Rey e dei suoi dischi insulsi e stucchevoli.
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