Echo And The Bunnymen THE STARS, THE OCEANS & THE MOON
[Uscita: 05/10/2018]
Inghilterra
Le operazioni-nostalgia usualmente convincono poco. Vi aleggia un qual certo spirito di dimessa melanconia e, in gran parte, esse preludono a prodotti discografici non certo brillanti dal punto di vista contenutistico. Il discorso si conferma, sia pure parzialmente, al cospetto di questa nuova impresa sonora dei leggendari Echo And The Bunnymen. Nulla può inficiare l’epopea musicale di uno dei più significativi gruppi della New Wave britannica di sempre. Impossibile dimenticare dischi quali: “Crocodiles”, “Heaven Up Here”, “Porcupine”, “Ocean Rain”, autentiche pietre miliari degli ‘uomini-coniglio’ del prodigioso Ian McCulloch che segnarono letteralmente un’età dell’oro lungo tutti gli anni Ottanta. Vi è però che dopo la tragica dipartita del grande Pete de Freitas, e la fuoriuscita dal gruppo di Les Pattinson, le cose non sono mai state più le stesse. Lo stesso mentore, McCulloch, aveva abbandonato il combo di Liverpool già allo spirare del decennio in parola, per poi ritornare in sella con rinnovata voglia di stupire, ma senza più la verve creativa di prima. L’ultimo album rimonta al 2014, “Meteorites”, e, come i dischi immediatamente precedenti, non era all’altezza della fama della band albionica.
Tuttavia, per chi quelle sonorità amò alla follia, ogni nuovo concepimento sonico dei nostri, è sempre un bel sentire, sebbene sulle ali della rimembranza. Così, in quest’operazione, “The Stars, The Oceans & The Moon”, che contempla ben quindici frammenti sonori, diretta con abile regia da Andy Wright, si ha la possibilità di riascoltare molti dei classici della band di Ian McCulloch, qui con il fido Will Sergeant (da sinistra nella foto), rimodulati in chiave di rock da camera, con l’aggiunta di una ficcante sezione d’archi, e di un paio di brani inediti (The Somnambulist, How Far?), che risultano però essere proprio i più deboli dell’intero album. Comunque episodi quali Bring On The Dancing Horses, con la voce ancora splendida di Ian e la sontuosa chitarra di Sergeant, o Zimbo (All My Colours), dove l’atmosfera dark della traccia originaria viene resa interamente e impreziosita, se possibile, dal sapiente inserto degli archi, risultano ammalianti e ricchi di sfumature notturne. Così come intimistica e poetica suona la celeberrima Nocturnal Me, da quell’album impareggiabile che è “Ocean Rain”. Non si può, poi, passare sotto silenzio la superba linea vocale e strumentale di un altro evergreen della band di Liverpool, The Killing Moon, qui rimodulata in versione più acustica, con la voce di Ian (qui fotografato 'live' a Sheffield nel 2014) che intesse ghirigori di serica bellezza e gli archi che creano reticolati di brume oniriche entro cui è facile perdersi e che conclude un disco di cui, forse, si sarebbe potuto fare a meno ma che riconduce la memoria ai fasti di una stagione stupenda e irripetibile del rock degli ultimi otto lustri, della qual cosa sempre sia resa lode alla leggenda degli ‘uomini-coniglio’.
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