Red Hot Chili Peppers THE GETAWAY
[Uscita: 17/06/2016]
Stati Uniti
Subito il primo posto in classifica per il nuovo disco (dopo cinque anni) della band statunitense Red Hot Chili Peppers. Viviamo tempi bui in cui la concorrenza per le vendite è ridotta a pochi nomi noti, abbastanza mainstream da entrare in heavy rotation nelle radio che contano e fanno tendenza. La produzione, rompendo la lunga collaborazione con Rick Rubin, è stata affidata a Danger Mouse, uno dei musicisti e produttori più influenti e apprezzati del momento (Gorillaz, Black Keys, U2), mentre il missaggio è stato curato da Nigel Godrich (Radiohead). Come nel precedente “I'm With You” alla chitarra c'è Josh Klinghoffer, che ha ormai sostituito John Frusciante, mentre numerosi sono i musicisti ospiti: una sezione d'archi, viola, violino e violoncello, in quattro tracce, il percussionista brasiliano Mauro Refosco in due, Elton John che collabora alla scrittura e suona il piano in Sick Love e lo stesso Danger Mouse al mellotron, hammond e sintetizzatori, oltre ad aver preso parte alla composizione di alcuni brani. Insomma un ritorno in grande stile annunciato da dichiarazioni che parlavano di un disco che avrebbe sperimentato sonorità e generi mai affrontati dalla band californiana.
Ma purtroppo nella musica come nell'arte, e forse anche nella vita, c'è qualcosa di peggio che fare un disco brutto, non riuscito, ed è fare un disco innocuo, sostanzialmente incapace di emozionare, di riscaldare il sistema nervoso; in ogni caso meglio farsi odiare che lasciare indifferenti, che annoiare o finire come colonna sonora nei grandi magazzini o nei fast food. Il che purtroppo è quello che rischia di accadere ascoltando “The Getaway”, impresa non facile anche per l'eccessiva lunghezza -ben tredici brani- del disco. Certo l'età passa e star sempre a celebrare la vita californiana sarebbe apparso fuori tempo massimo, ed allora il disco, pur mantenendo sempre lo stile funky del basso di Flea e la muscolosa batteria di Chad Smith, si tinge di un mood più problematico e malinconico, si canta di amori finiti, del padre malato, della difficoltà di relazioni amorose con donne molto più giovani.
Ma, ci si chiede, è davvero questo nelle corde dei Nostri e soprattutto della monocorde voce di Kiedis? Nè il crossover di We Turn Red o il rimando ai Daft Punk di Go Robot, né la ballata malinconica The Hunter né tanto meno il funky annacquato nella title track, riescono a risollevare le sorti di un disco alquanto piatto, del quale salviamo solo il primo singolo Dark Necessities, dall'incedere potente imposto da un basso ispirato e coinvolgente e, almeno in parte, l'esperimento di lisergico lirismo in Dreams of Samurai. Non male nemmeno la delicata The Longest Wave, ma davvero troppo poco per salvare il disco dalla mediocrità.
Disco che e’ una vera propria oscenita’ musicale, ai limiti dell’inascoltabilita’, che continua la linea di declino della band intrapresa gia’ dall’inizio degli anni Duemila ed amplificata con le ultime uscite “Stadium Arcadium” e soprattutto con il precedente “I’m With You” (di cui e’ fratello gemello grazie alla pressoche’ assenza della chitarra nelle canzoni, con un Josh Klinghoffer che al massimo potrebbe aspirare a suonare in qualche gruppo amatoriale). Voto su “The getaway” : 2/10.