The Monochrome Set SPACES EVERYWHERE
[Uscita: 13/03/2015]
Inghilterra #consigliatodadistorsioni
Per molti anni ha imperato la vulgata critica per cui gli anni ’80, soprattutto i primi anni ’80, sono stati il deserto del rock, dominato solo da vacuo elettropop. A farne le spese sono stati inizialmente anche grandissimi gruppi oggi innalzati a pietre miliari, ma soprattutto tanti gruppi ingiustamente relegati tra i minori, quando invece sapevano confezionare scrigni colmi di gemme. Tra questi i Monochrome Set, quartetto devoto al suono dei Velvet Underground così come al pop sofisticato e al rock di Canterbury, miscela che darà infiniti frutti negli anni a seguire. Nel corso del tempo il complesso formato dal cantante Bid (Ganesh Seshadri), Andy Warren (bass) e Lester Square (chitarra), più vari batteristi a rotazione, si è preso e lasciato più volte, per riformarsi tre anni fa. “Spaces everywhere” è il dodicesimo disco del gruppo, contando anche live e raccolte, il secondo dopo un lungo periodo di inattività in cui i musicisti, coinvolti in altri progetti, erano ricordati solo in Giappone. L’influenza dei Monochrome Set sulle band che li hanno seguiti è innegabile: prendiamo per esempio Avenue, molti giovani ascoltatori penseranno: “…sembrano gli Smiths”. È il contrario.
Le dieci canzoni (il formato è il classico LP di una volta) sono tutte piccoli gioielli. Le capacità di scrittura del gruppo si sono mantenute inalterate. Molte le sfaccettature del rock che il gruppo affronta, sempre con gusto e incisività. Iceman è un rock intellettuale ma tirato, che omaggia i miti Velvet e Television, con un bel lavoro di chitarre liquide. Fantasy creatures oscilla tra new wave e sixties. I brani sono in gran parte ritmati, come Oh, you are such a star, la più loureediana del lotto. Rain check, a tempo di jazzato walkin’ bass, è invece uno dei momenti più tipicamente britannici, pop sofisticato e malinconico da giornata piovosa, con un vibrafono che spunta inatteso a impreziosire la fragili armonie. Non mancano accenni al rockabilly (The Z train) e (minimi) al folk, coi tocchi di banjo e flauto che screziano The scream e In a little village, una ballata acustica, così come la conclusiva title track, che danno al disco una conclusione in relax. Un disco ben scritto e ben suonato, che sarebbe un peccato farsi scappare, e che speriamo sia un invito, per il lettore che non li avesse mai ascoltati, a cercare i primi dischi dei Monochrome Set, specialmente “Strange boutique” e “Love zombies”, entrambi pubblicati nel 1980, ed i loro primissimi singoli per la storica etichetta inglese Rough Trade.
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