Solex SOLEX AHOY! THE SOUND MAP OF THE NETHERLANDS
[Uscita: 25/03/2013]
A cavallo tra i due millenni gli amanti delle musiche più periferiche sono stati incuriositi dal lavoro di Solex, musicista olandese nata Elisabeth Esselink, che, dopo essersi ribattezzata col nome della bizzarra bicicletta a motore, ha inciso alcuni dischi dove canta e suona molti strumenti, anche autocostruiti. Questo nuovo album, realizzato ben dopo otto anni di assenza (se si esclude un live realizzato insieme a Jon Spencer e Cristina Martinez) è, come lascia intendere il chilometrico titolo “Solex ahoy! The sound map of the Netherlands”, il reportage musicale di un viaggio compiuto nell'estate 2008 insieme al compagno Bart van Poppel navigando per i fiumi olandesi. In ogni provincia i due musicisti hanno fatto tappa e inciso un brano con musicisti locali, quindi Elisabeth ha lavorato sul materiale nel proprio studio ad Amsterdam aggiungendo campionamenti e patterns ritmici. Il risultato è un più che piacevole disco di pop obliquo e deviante, che mescola vari stili con grande gusto e humour.
Cifre dominanti sono jazz da locale di quart'ordine, blues rurale, fiati sghembi. Il brano iniziale si intitola Noord Holland, ma si potrebbe credere di essere a New Orleans, ritmo swingante da swamp blues, chitarre riverberate e sax baritono a insaporire il tutto. Un sax profondissimo che dialoga col pianoforte elettrico e il trombone con la sordina punteggia anche la seguente Friesland, in cui riappaiono anche quelle sonorità da strumento giocattolo che caratterizzavano i primi album di Solex. Molto il blues: quello rurale di Drenthe (che non è l'ex giocatore di Feyenoord e Real Madrid), con tanto di dobro, slide e washboard; più rockeggiante in Gelderland, con violino swingante a la Grappellì; classico quello di Limburg, con sognanti chitarre twangin', e qui si direbbe che abbiamo lasciato l'Olanda per i deserti dell'Arizona o del New Mexico. Noord Brabant, la terra di Van Gogh, ci fa ritornare a New Orleans, con fiati da marchin' band per funerali, ma non è un pezzo triste, tutt'altro.
Nella parte finale del disco le atmosfere blues lasciano il passo a brani più intimisti, ma sempre sulla falsariga stravagante e contaminata che permea il lavoro di Elisabeth. La presenza di una ricca quantità di strumenti a fiato, vari sax, clarinetto, flauto, trombone, accanto a chitarre, fisarmoniche e campionamenti vari, è la carta vincente del disco, poiché questi danno una buona dose di originalità. Per concludere, come mappa dell'Olanda, è molto divertente; anche se potremmo parlare di un atlante molto ricco, con gli Stati Uniti, le terre degli zingari francesi, un po' di folk europeo, l'elettronica dei nostri tempi. Il tutto ben shackerato e servito con una bella spruzzata di humour, spezia di cui in questi tempi grami c'è un grande bisogno.
Commenti →