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6 Settembre 2012 , , , ,

Mark Knopfler PRIVATEERING

2012 - Mercury/Universal
[Uscita: 03/09/2012]

knopfler privateering# Consigliato da DISTORSIONI

 

L’ultima volta che abbiamo parlato di Mark Knopfler su Distorsioni, non in termini proprio entusiastici, è stato a novembre dell’anno scorso in occasione della tappa fiorentina del  ‘Bob Dylan e Mark Knopfler Never Ending tour’. In realtà nei sei anni di vita di Distorsioni l’abbiamo trattato poco: qualche parola in più Knopfler in questa sede se la merita. Non è certo una novità se dico che l’artista scozzese ha inventato – pur influenzato dai seminali J.J.Cale e Chet Atkins - moduli chitarristici e vocali estremamente personali e fascinosi, sin da quel primissimo album dei Dire Straits del lontano 1978, uscito in controtendenza in piena epoca punk. Difficissimo sintetizzare una carriera così densa di avvenimenti: basti dire che oltre ad essere chitarrista, cantante e songwriter a tutto tondo Knopfler ha collaborato con i più grandi artisti internazionali ed ha prodotto – suonandoci - dischi come “Infidels” di Bob Dylan (1983) e “Miracle” di Willy De Ville (1987). 

 

Oltre ai sei album in studio dei Dire Straits – certo! con luci ed ombre – ha poi inanellato 17 album da solista tra cui molte suggestive colonne sonore ed alcuni dignitosissimi lavori come “Golden Heart” (1996), “The Ragpicker’s Dream” (2002), “All The Roadrunning” (2006), “Kill To Get Crimson” (2007) tutti all’insegna di una certosina e mirabile conciliazione tra il secolare patrimonio roots-folk inglese e della sua amata Scozia e quello folk-country-western-blues americano. In “Privateering”, che esce tre anni dopo “Get Lucky” Mark riprende pari pari le sue peculiari coordinate stilistiche su descritte, con una decisa sterzata però in direzione blues: almeno una metà dei venti brani contenuti nei due cd fanno appassionata professione di country blues, delta blues ed electric blues, sempre con l’eleganza che ha caratterizzato nel corso degli anni i lavori dell’artista, avvicinandolo altresì in alcune occasioni (Hot Or What, Don’t Forget Your Hat, Today Is Okay) al climax torrido di alcuni lavori delta blues-dipendenti di Tom Waits come “Mule Variations” o il recente “Bad As me”.

 

mark knopflerA confortarlo un’affollata corte di collaboratori, sempre molto sobri nei loro interventi strumentali, ad eccezione di un armonicista assolutamente strepitoso, Kim Wilson, che duetta con la chitarra di Mark in molte occasioni siglando delle performances superlative. Vale la pena citare  quel Guy Fletcher (keyboards e string arrangements), vecchissimo compagno di Mark che regala qui  - insieme a Jim Cox - impagabili, stilose pennellate d’organo e piano: era con lui già in quel lontano e nobile “Missing...Presumed Having a Good Time” (1990) del progetto The Notting Hillbillies rimasto un episodio isolato, un disco che varrebbe la pena recuperare.  Sì, “Privateering” è opera dalle sonorità molto americane, anche la copertina  è eloquente da che parte batte il cuore dell'artista nel 2012: un flash malinconico di qualche sperduta provincia rurale negli States; egli pare puntare al recupero del cuore più ancestrale delle roots: nel country blues finale di  After The Bean Stalk riecheggiano addirittura - per chi è anziano come me - i duetti rurali scoppiettanti di Sonny Terry e Brownie McGhee.

 

Ma l’artista è troppo fedele alla sua storia – che in questi 20 brani raggiunge punte eccelse – per lasciarci orfani di alcune peculiari ballate languide e struggenti: il lotto formato da Go, Love, Dream of the Drowned Submariner, Seattle (con gli archi), Radio City Serenade, Privateering, Miss You Blues  è all’insegna di un classicismo romantico magistrale, tra le songs più notevoli scritte dall’artista in assoluto. Ed ancora: magnifico english-scottish folk  in Redbud Tree, Haul Away, Kingdom Of Gold, Privateering con tanto di flute, whistle, uilleann pipes (Michael McGoldrick).  Un grande disco “Privateering”: Knopfler vi appare definitivamente carismatico ed ispiratissimo, sia nelle performances vocali che in quelle chitarristiche: in qualsiasi stagione della sua vita decidesse di appendere la chitarra al fatidico chiodo, quest’opera rimarrà uno dei capitoli più commoventi del suo testamento musicale.

 

Pasquale Boffoli
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