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9 Febbraio 2016 , ,

Half Japanese PERFECT

2016 - Joyful Noise Recordings -vinyl LP
[Uscita: 22/01/2016]

Stati Uniti   #consigliatodadistorsioni   

 

Half_Japanese_Perfect_1024x1024Sicuramente Jad Fair ha un’idea del tutto particolare di perfezione. Nei primi anni ’70, con suo fratello David, e l’amico David Stansky inizia a dare vita ai suoi primi esperimenti di rumorismo musicale, caratterizzati da un approccio volutamente amatoriale e modalità lo fi che diventeranno non solo il marchio distintivo degli Half Japanese, ma inaugureranno una nuova estetica del suono. La grande intuizione di Jad Fair è stata quella di mettere a nudo la forza primitiva, rude e animalesca capace di sprigionarsi da strumenti improvvisati, di consegnare alla libera interpretazione delle distorsioni scomposte, delle abrasioni spastiche e dei mugugni onomatopeici in cui si concentrava istinto, potere dell’inespresso ed energia, un nuovo espressionismo dai tratti tanto astratti quanto incisivi ed emotivamente provocatori. 

La concezione stessa di struttura, di fluidità armonica è avversata da una precisa volontà di devastazione e smembramento che vuole mirare all’estrapolazione della materia viva, di quell’ammasso informe e pulsante che rappresenta la liberazione emozionale, l’urlo deforme dell’atterrimento che si smorza in gola. Il non senso è quindi una condizione esistenziale da esorcizzare usando con lucida follia e volontà dissacratoria le sue stesse armi. L’unica risposta efficace per perseguire l’agognata perfezione è il suo rifiuto intrinseco come estremo atto derisorio e rivoluzionario tout court.

 

hafThat Is That ha una forza propulsiva incontenibile, un assalto strumentale vorticoso e frenetico carico del pathos dello smarrimento identitario e dell’indolenza nichilista. Scontro di atonalità e repentini cambi ritmici in We Can Not Miss con la caratteristica voce biascicata che sembra elevare in solennità il rito dell’imperfezione.

Anche in You And I e Here We Are c’è un incontro di chitarre traballanti che tracciano la via aleatoria e ubriaca di uno smarrimento che diventa libero vagare, stupore primordiale. Nell’omonima Perfect si intravedono pacificazioni armoniche e sensoriali che hanno a che fare con la scintilla creativa, con un’imprevedibilità che lascia all’arte e all’intuito l’atto generativo finale. E non a caso questo può dirsi a tutti gli effetti uno dei lavori più musicali e stilisticamente rifinito downloaddegli Half Japanese tornati di nuovo all’apice dopo "Overjoyed" (2014), con lo zampino di Jon Dieterich dei Deerhoof.

 

Il colpo di genio dell’istrionico leader, ora senza il fratello, una specie di messa a punto filosofica e concettuale che non rinnega l’attitudine raffazzonata ma riesce a dimostrare fairche la vera natura umana, libera da vincoli precostituiti, obbedisce ad una musicalità atavica e a vibrazioni ancestrali. In Hold On e Man Without A Shadow c’è tutto l’impatto graffiante di un allestimento grottesco che gioca con il tragico e con il demenziale, con l’inquietudine e la disillusione. Sarabande scoppiettanti piene di euforia e blues caracollanti, dada jazz per trogloditi, goliardia per schizoidi alienati che sbeffeggiano l’assurdo e rigettano la roboticità impersonale e asettica del post industriale. Jad Fair  (nella foto qui a destra) diventa cantastorie all’humor caustico di un esotico scanzonato e perduto e la sua poesia è pura, infantile, essenziale, perfetta.

Voto: 7.5/10
Romina Baldoni

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