Neil Halstead PALINDROMES HUNCHES
[Uscita: 24/09/2012]
# Consigliato da DISTORSIONI
E’ proprio vero che le opere più belle, non solo in ambito musicale, a volte nascono dagli stati d’animo peggiori, oppure come reazioni a periodi di forti tensioni, quasi che il risultante accumulo di energia sia in qualche modo canalizzato e concentrato ad esaltare talenti e inclinazioni degli artisti. Questo nuovo disco da solista di Neil Halstead, fondatore degli Slowdive e leader dei Mojave 3 arriva dopo il naufragio del suo matrimonio ed il risultato si riflette, per forza di cose, prima nei testi e poi nei suoni che sono il frutto di poche session registrate in presa in diretta nell’aula di musica di una scuola in Cornovaglia, invidiabile regione dell’ Inghilterra ove risiede. L’idea iniziale, lo sostiene lo stesso Neil in una recente intervista, era quella di realizzare un bedroom record magari in solitaria. Le cose sono andate diversamente, tanto che sono gli arrangiamenti a catturare subito l’attenzione. Vi accoglie un bellissimo suono caldo e naturale che di quella improvvisata sala d’incisione ne risalta l’ambienza, i riverberi e gli scricchiolii dei rivestimenti; un suono talmente tridimensionale che i pochi strumenti, una chitarra acustica, un pianoforte, un violino, un contrabbasso e poco altro, sembreranno materializzarsi nella vostra stanza d’ascolto.
Una registrazione assimilabile a quella che aveva reso ancora più pregevole il disco che ci fece scoprire le Unthanks, l’ancora adesso meraviglioso “The Bairns”, al quale in qualche modo questo album rimanda. “Palindrome Hunches” è l’album perfetto per questo periodo dell’anno. Dell’ autunno racchiude i colori, caldi ed eleganti, ne sprigiona i profumi, di bosco, di foglie secche e di funghi appena raccolti, e ne esalta certe malinconie. Attenzione però, questo non è assolutamente un disco triste, tutto al più molto serio e altamente ispirato. Mi insegnate che la cura dedicata ai suoni serve a poco se le canzoni sono deboli.
Stavolta i rimandi a Neil Young, Fred Neil e Roger McGuinn riconoscibili soprattutto nei dischi dei Mojave 3, sono quasi totalmente accantonati per cui a risaltare è il versante pop-folk di matrice prettamente inglese: ecco allora il Nick Drake, riconoscibilissimo in Full Moon Rising e ancora di più nella drammatica progressione pianistica di Tied to You , poi a un orecchio allenato emergono, seppur in modo più sottile, anche certe cose del miglior Donovan, del Ian Matthews più brumoso e alcune pagine del Bert Jansch solista come nell’iniziale e davvero pregevole Digging Shelter. Se ne avrete l’occasione provate ad ascoltare questo album osservando dalla finestra un paesaggio nebbioso o durante una giornata di pioggia, oppure accompagnatene l’ascolto alla lettura di un romanzo di Daphne du Maurier o guardando Barry Lyndon avendo l’accortezza di abbassare il volume della tv. Sarebbe un peccato lasciare sugli scaffali un’opera di questo livello, anche perché si pone ai vertici della produzione di questo pregevole musicista. Se quest’anno avete apprezzato i dischi di Beth Orton e Bap Kennedy, il mio modesto consiglio è quello di affiancarglielo, formereste un gran bel trittico. L’inverno è alle porte. Ne avrete bisogno come di un bel thè caldo.
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