Kikagaku Moyo MASANA TEMPLES
[Uscita: 05/10/2018]
Giappone #consigliatodadistorsioni
Il quintetto giapponese Kikagaku Moyo si è imposto come novità imprescindibile per i fanatici di rock psichedelico del mondo occidentale grazie all’alone mistico che la band sfoggia nelle sue jam free-rock, più vicine ai sentori hard 70’s occidentali che al massimalismo psichedelico di connazionali come Acid Mother Temple o High Rise. I cinque di Tokyo hanno portato la loro personale via alla psichedelia fin dall’esordio auto-titolato (2014), seguito poi da “Forest Of Lost Children” (2014) e “House In The Tall Grass” (2016). ll percorso musicale in questi cinque anni di vita ha portato la band ad affinare e limare una psichedelia onnivora che assimila ogni tipo di umore lisergico sino al kraut-rock, riassunta forse al meglio in “House In The Tall Grass” che stilisticamente riesce a tenere le fila di ogni sfaccettatura della band. Le ragioni di “Masana Temples” si inseriscono in una progressiva raffinazione della psichedelia free-form degli inizi: eliminato ogni alone misterico e folkloristico i Kikagaku Moyo approdano ad un rock-psichedelico morbido e ipnotico, solare e fresco, come suggerito dall’iniziale suite per sitar Entrance.
La band è volata fino a Lisbona per realizzare il disco, sotto la direzione del musicista jazz e produttore Bruno Pernadas ed è impossibile non accorgersi di come la città e l’anima del producer abbiano influenzato il sound del gruppo a partire proprio dal singolo Dripping Sun che mescola elementi melodici tradizionali nipponici a sferzate zeppeliniane e momenti di puro funky arioso in odor di Yura Yura Teikoku e Shintaro Sakamoto. Le scale pentatoniche giapponesi tornano tra i passaggi fumosi della filastrocca Nazo Nazo, mentre con Fluffy Kosmisch la band intraprende la propria scalata al kraut-rock (Can soprattutto) che tocca anche l’easy-listening di Majupose, i riff angolari di Nana e si ferma a lambire l’oasi cosmica di Orange Peel. Il piovoso interludio per chitarra Amayadori è una breve pausa prima dell’hard-rock di Gatherings che da movenze proto-metal si incammina lungo un reticolato ritmico tanto muscolare quanto ipnotico (impossibile non notare l’influenza dei King Gizzard & The Lizard Wizard con cui i Kikagaku Moyo hanno avuto molti contatti nell’ultimo anno) che sfocia in Blanket Song rimandando il tutto ad uno stoico e imperscrutabile finale acustico.
Persi i connotati mistici i Kikagaku Moyo sembrano quantomeno perplessi nell’abbracciare un sound e una produzione così definita e precisa, tanto che i momenti migliori (Dripping Sun, Gatherings) sono proprio quelli in cui la band è rimasta fedele all’idea di progressione psichedelica dei precedenti album. La parte centrale dell’album (Fluffy Kosmisch, Majupose, Nana, Orange Peel) declina ritmiche kraut in varie vesti, senza però liberarsi in jam e senza allontanarsi dai pattern iniziali. Gli interludi (Entrance, Nazo Nazo, Amayadori, Blanket Song) sono invece precisi e gradevoli incisi che servono a mitigare le varie anime del gruppo. Nel complesso “Masana Temples” è un disco che vive momenti di pura classe e maestria, anche se forse pecca di compiacenza e ruffianeria: ha una maggiore completezza rispetto ai suoi predecessori ed è pronto a riscuotere successi e proseliti. L’evoluzione musicale è fisiologica e questo album dimostra che anche la band giapponese sa rischiare. Da Kikagaku Moyo lo accettiamo volentieri, anche se con qualche riserva.
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