Riverside LOVE, FEAR AND THE TIME MACHINE
[Uscita: 04/09/2015]
Polonia #consigliatodadistorsioni
E' un dato di fatto che Steven Wilson sia ormai considerato una sorta di Re Mida del progressive rock, l’artista che più di chiunque altro negli ultimi vent’anni ha saputo dare visibilità al genere e, soprattutto, far cassa suonandolo; ciò ha letteralmente condizionato lo stile di numerose bands, che sembrano quasi fare a gara tra chi riesce meglio ad assimilarne lo stile e le sonorità. Ma in questa folle corsa verso la “wilsonizzazione selvaggia” stavolta i polacchi Riverside hanno veramente esagerato, sfornando un disco a cavallo tra il devoto omaggio e il plagio senza pudore. Persino la voce del leader, il bassista e cantante Mariusz Duda, ha perso quel ringhio e quei sussurrati tipici dei suoi esordi, per farsi ancora più morbida e soave di quella del biondino scalzo di riferimento.
I momenti più imbarazzanti di questo “Love, fear and the time machine” sono Found, che nella sua dolcezza sembra un vero out-take da “Stupid Dream”, e Under the pillow, sulla quale nelle battute iniziali si potrebbe persino canticchiare Piano Lessons. Certo, qualche episodio che si stacca da questo standard c’è: i ricami che introducono Saturate me possono far pensare ai Gentle Giant, mentre il tema strumentale orientaleggiante all’interno di Lost evoca Peter Gabriel e persino la Circle Line di Fish (artista tanto valido quanto ingiustamente incompreso e sottovalutato nella sua carriera solista), ed è anche il brano dell’album che più si avvicina all’altro progetto di Duda, Lunatic Soul.
Ma tolte queste brevi parentesi l’anima porcupiniana domina su tutta l’opera. Ciò non toglie che le canzoni siano belle, alcune addirittura bellissime: il giro di basso killer della già citata Under the Pillow non può non prendere allo stomaco, così come quello di Caterpillar and the barbed wire (perché innegabilmente Duda è un grandissimo costruttore di linee bassistiche). Tanto che, a questo punto, sorge un problema etico: un album deve per forza essere originale, per essere bello? Oppure è possibile pubblicare un capolavoro “alla maniera di…”?.
Con un pizzico di cinismo si potrebbe addirittura azzardare a dire che questo non solo, per l’ispirazione presente in tutti i brani, è il miglior album di tutta la storia dei Riverside, ma probabilmente è anche il miglior album dei Porcupine Tree da almeno un decennio a questa parte, visto che Wilson, Barbieri, Edwin e Garrison (subentrato a Maitland) non sfornano una raffica di canzoni di questo livello tutte insieme dai tempi di “In Absentia”. Chissà se tra vent’anni Love, fear and the time machine verrà ricordato tra i classici del rock progressivo di nuova generazione o soltanto come una brillante operazione di maniera. Agli ascoltatori l’ardua sentenza.
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