Gaye Su Akyol ISTIKRARLI HAYAL HAKIKATTIR
[Uscita: 26/10/2018]
Turchia #consigliatodadistorsioni
Recensire un disco di Gaye Su Akyol è impresa ardua, ma al contempo intrigante. Non solo per il coacervo di stili musicali che confluiscono, come in un magma iridescente e stordente, nell’opera della talentuosa artista turca, giunta al terzo lavoro discografico, quanto perché le istanze socio-antropologiche e politiche da cui l’autrice in parola prende spunto sono molteplici e suscettibili di approfondimenti mirati, visto lo scenario complesso e spesso colmo di contraddizioni che la Turchia odierna offre all’osservatorio planetario. Atteniamoci al dato meramente musicale, tout-court: un incrocio di stili che conglomera la tradizione etnica delle lande anatoliche, il tex-mex dei formidabili Calexico, a guisa d’esempio, il surf dei Beach Boys, lampi di morriconiana memoria, l’uso di una sottile linea elettronica, afferente alla stagione della New Wave britannica, di pregnante qualità. Su tutto, la voce sensuale, ispirata, di Gaye, a dominare un insieme di suoni che trovano prodigiosamente una virtuosa sintesi, un sincretismo sonoro che affascina.
L’inaugurale Istikrarli Hayal Hakikattir, che dà il titolo all’album, a cura della meritoria etichetta discografica Glitterbeat Records, rende già l’idea di quel che sarà il tenore dell’intero disco: un’introduzione di sintetizzatori e tastiere elettroniche, degne dei primi Bauhaus (il post-punk inglese, si faceva notare, è tra le tante fonti ispirative della virtuosa ragazza), a cui succede l’irrompere di melodie e suoni estrapolati dalla tradizione anatolica, con la voce superba di Gaye a far da ponte immaginario tra i due mondi, l’orientale e l’occidentale, a tentare di unire due culture apparentemente inconciliabili. I brani si snodano con estrema piacevolezza, scivolando lievi e sinuosi lungo il nastro sonoro descritto, tra il dispiegarsi di melodie turche e atmosfere impregnate di garbata elettronica, come in Bağrimidza Taş.
Tra le altre innumerevoli tracce gradevoli dell’album, le più degne di menzione ci paiono: Bir Yarali Kuştum, nella quale a un incipit tipicamente traditional si sovrappone un assunto sonoro caratterizzato dall’uso di strumenti elettronici e dalla voce piena e vellutata di Gaye che ricorda a tratti quella di un’altra grande interprete della musica di confine, tra etnica e ed elettronica, la musa egiziana Natacha Atlas; Boşluk Ve Sonsuzluk, con la voce che assume intonazioni drammatiche e raggiunge vertici di inaudita bellezza, contrappuntata dal suono profondo delle percussioni; la conclusiva Halimiz Itten Beter che tesse con grazia il serico filo sonoro che vuole unire tradizioni, popoli, culture, sotto un unico ideale di fratellanza universale. Un album di pregevole fattura.
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