Diazpora ISLANDS
[Uscita: 10/02/2017]
Germania #consigliatodadistorsioni
È stupefacente il fermento che percorre le nebbiose strade intorno al più grande porto dell’insospettabile Germania: da Amburgo, infatti, arriva questa colata lavica di funk, soul e afrobeat, eruttata da nove tipi biondicci dai cognomi pieni di “K” e dall’aria professorale, ma capaci di suonare come se Fela Kuti e Curtis Mayfield fossero ancora vivi e battaglieri, e avessero formato un supergruppo. Chiarito l’ambito nel quale si muove la formazione, ed anticipato un giudizio davvero lusinghiero, possiamo dire che Diazpora è un gruppo attivo dal lontano 2002, con una carriera discografica piuttosto discontinua comprendente una serie di singoli e cinque LP, i cui membri si distinguono per l’attivismo, vantando collaborazioni a 360 gradi. La tonitruante sezione fiati è composta da Alexander “Kimo” Eiserbeck e Jonathan Krause, rispettivamente al sax alto, tenore e flauto, e al sax baritono e flauto, e da Hans Christian Stephan, il quale, nei ritagli di tempo, presta la sua tromba all’incredibile techno marching band chiamata Meute. La sezione ritmica comprende Lucas Kochbeck alla batteria, David Nesselhauf al basso, di cui su queste pagine abbiamo da poco lodato l’ottimo “Afrokraut” e il percussionista Thomas Neitzel. Completano la nutrita line-up il metronomico chitarrista Legbo, Christian Heinrichsen alle tastiere e lo stentorio cantante Axel Feige, integrato nella band dopo che questa si era servita, nel tempo, di vari, ma mai fissi, vocalist.
Presentati i membri del gruppo, passiamo alla musica di questo "Islands", anche se la premessa dovrebbe già aver chiarito a sufficienza di cosa stiamo parlando: Diazpora ha chiaramente tra le proprie ispirazioni il funk e l’afrobeat che provengono dai profondi seventies, il disco suona perfettamente, diremmo con precisione tedesca, registrato magistralmente in analogico, e sin dall’opener Street Market chiarisce ogni dubbio, con i fiati possenti, una chitarra che più funky non potrebbe essere e un ritmo incalzante che continua in tutti i rimanenti dodici brani di Islands, tra i quali spiccano Kinshasa Strut, puro afrobeat, Yaroslava, un deep funk che mette in evidenza le doti vocali di Christian Heinrichsen, l’atmosferica Give A Little Prayer e Beast, condotta da un Hammond irresistibile. Resta un dubbio: dir loro che non sembrano tedeschi sarà scortese? In ogni caso, un disco notevolissimo.
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