Is/Is III
[Uscita: 14/05/2012]
Ci possono essere diversi modi di rapportarsi ai vari generi musicali. In questo caso, alle tre ragazze, Sarah Rose (chitarra e voce), Sarah Nienaber (basso) e Annie May (batteria) che compongono gli Is/Is, da non confondersi affatto con gli avant-metallari Isis, dev'essersi posto il dilemma di come affrontare lo shoegaze con un approccio non banalmente convenzionale. La scelta, a quanto pare, è stata quella di buttarsi sul versante più punk e rumoroso, pur mantenendo le caratteristiche tipiche del genere, con il tappeto distorto del chitarrone della prima Sarah a menare la danza e la sua voce noncurante, declamatoria, che ci galleggia dentro, più che sopra, tranne quando decide di lanciare qualche urletto vezzoso, ad esempio nella psichedelica Sun Tsunami, il cui titolo è fortemente evocativo dell'atmosfera del pezzo.
Per illustrarci meglio con cosa abbiamo a che fare, le nostre tre streghette, in look “total black” ma con l'aria in fondo pulitina, hanno creato un azzeccato neologismo: witchgaze, incrociando la loro natura, almeno pretesa, di fattucchiere (witch), con lo shoegaze che abbiamo evocato all'inizio. Alla fine dei conti, il disco è piuttosto piacevole, ovviamente nulla di nuovo e nemmeno di eccezionale, ma una roba che si fa ascoltare con piacere e, addirittura, cresce alla distanza. Con una perla, il singolo (chiamiamolo così, visto che le ragazze l'hanno scelto come apripista per l'album, mettendolo preventivamente in ascolto gratuito su bandcamp) Hate Smile, cinque minuti e mezzo bollenti, a cavallo della chitarra in distorsione perenne, del basso al limite dell'escursione dei coni e della batteria tellurica, con un insospettabile finale acustico.
Belle anche Loose Skin, molto pop, con una chitarra quasi “garage”, la pesante Shadow, la canonica (in senso shoegaze) Lie Awake e la punkeggiante, breve, Moon Dropping. Le ultime due canzoni, la già citata Sun Tsunami e Save Your Saviour, superano abbondantemente il traguardo dei sette minuti. La prima con i buoni risultati a cui accennavo prima, la seconda, invece, è davvero troppo lunga.
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