The Growlers HUNG AT HEART
[Uscita: 22/01/2013]
Si autodefiniscono una band “beach goth” i californiani Growlers e di fatto la definizione spiega bene il loro tipo di suono. Si tratta sostanzialmente di surf rock ma con una base ritmica più cupa di quanto normalmente abbia il genere nato a inizio anni ’60 e portato al successo da band come i Beach Boys. “Hung At Heart” è il loro terzo album, se si esclude il primo autoprodotto dal titolo “Greatest sHits”, uscito nel 2007, un anno dopo la nascita della band. Per “Hung At Heart” i Growlers avrebbero potuto avvalersi della collaborazione, in fase di registrazione, di Dan Auerbach dei Black Keys, che ha effettivamente lavorato al disco in un momento iniziale. Poi i Growlers hanno deciso di rinunciare al suo supporto poiché ritenevano il prodotto che ne stava uscendo troppo elaborato e hanno continuato il lavoro da soli. Il risultato di queste vicissitudini è un album molto lo-fi, caratteristica che forse con l’intervento di Auerbach avrebbe perso, ma decisamente troppo poco rilevante dal punto di vista della qualità (non tecnica) della proposta musicale.
Quindici brani che spaziano tra varie gradazioni di “beach goth”, a volte più tendente al surf, come nel brano di apertura Someday o in Pet Shop Eyes, altre volte con una vena gotica più marcata, come in It’s No Use. Poi “Hung at Heart” ha anche influenze country, in brani come Living in a Memory, e vagamente psichedeliche, come in Use Me For Your Eggs o in Salt on a Slug, tra gli episodi migliori dell’album. Tante contaminazioni, forse un po’ troppe e troppo diverse, ma soprattutto non abbastanza amalgamate, con sprazzi di luce intensa qua e là, ma che nell’insieme rendono l’album poco omogeneo, facendo venire meno l’interesse e la curiosità iniziali ad ogni successivo ascolto e, nonostante il fascino della definizione da loro coniata, sembrano suggerire che il terreno di incontro tra il surf e il gothic rock non è particolarmente fertile. Non sapremo mai come sarebbe stato il risultato se la collaborazione con Auerbach fosse stata portata a temine, ma è certo che, alla luce di quel che si ascolta in questo album, per una band tutto sommato in crescita come i Growlers rifiutare il contributo di un musicista di qualità come Auerbach non sembra essere stata una mossa particolarmente azzeccata. Certi atteggiamenti spocchiosi alla fine si pagano.
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