Bloc Party Four
[Uscita: 20/08/2012]
Tempo scaduto per i Bloc Party, i fasti dell’esordio sono ormai sbiaditi. Dal successo clamoroso di “Silent Alarm”, che fece dei suoi autori uno dei nomi di punta della scena pop rock inglese, l’involuzione è stata costante. Una parabola fin da subito discendente dal successivo “A Weekend In The City,“ poi addirittura precipitata con “Intimacy“. Solo tre album (qui parliamo del quarto) al loro attivo ma sufficienti per Kele Okereke per avviarsi sulla strada del declino. Con queste premesse tornano oggi con “Four”, un album inconsistente, polveroso, citazionista ed autocitazionista, poco curato nella costruzione quanto nelle liriche, dal sound dozzinale e noioso. Figlia di un’involuzione evidente, costruitasi negli anni, la band ha completamente smarrito le ritmiche serrate e saltellanti degli esordi, gli intrecci di chitarre taglienti e spigolose, le linee melodiche aggressive ma raccolte.
Fuori tempo massimo per il buon gusto e risibili scelte compositive, “Four “ traccia un percorso costante verso la delusione. Provano malamente ad assomigliare ai Muse con l’opener So he begins to lie, ricalcano i lati peggiori ed involuti dei Red Hot Chili Peppers (Octopus, Team A, Real Talk ), copiano l’intro di Loser di Beck in Coliseum, avvitandosi in riff da studentelli alle prime armi, s’incastrano nell’autocitazionismo più banale e sciatto in Day Four ed Octopus, in conclusione ripescaggi e facilonerie da tragedia. Non si salva quasi niente in un disco orribile e privo d’inventiva. Il futuro di questa band sembra essere passato da un pezzo, e se per il NME furono la new sensation del pop chitarristico inglese, 7 anni dopo occorre decisamente passare oltre.
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