The Afghan Whigs DO THE BEAST
[Uscita: 14/04/2014]
# Consigliato da Distorsioni
Riff taglienti, chitarre distorte, tastiere strazianti incorniciano l’inconfondibile voce acuta e sofferta di Greg Dulli: gli Afghan Whigs sono tornati. I nostalgici dell’indie anni novanta non potranno rimanere indifferenti ascoltando “Do the Beast”, una sorta di rinascita. La stella degli Afghan Whigs, che sembrava essersi spenta nel 2001, è oggi tornata a risplendere più luminosa che mai attraverso un disco notevole e creativo. Do the Beast esce su Sub Pop, una delle più importanti etichette indipendenti di sempre, la stessa che in passato ha prodotto “Up in it” (1990), “Congregation” (1992) e l’EP “Uptown Avondale” (1992), tre dei pilastri discografici sui quali si fonda l’intera carriera della band cult di Cincinnati. Il lavoro esce dopo ben 16 anni dall’ultimo lavoro di inediti e la lunga pausa si avverte tutta. Nel tempo in cui gli Afghan Whigs non esistevano più il frontman Greg Dulli ha avuto modo di vivere nuove esperienze, dal progetto The Twilight Singers alle collaborazioni con gli italiani Afterhours ed al superduo Gutter Twins con Mark Lanegan.
Questa importante serie di esperimenti artistici influisce pesantemente sul sound e sul songwriting di Do the Beast, regalandogli una struttura decisamente più matura dei dischi precedenti.L’elettricità dell’anima grunge degli Afghan Wighs si arricchisce di suggestioni - tra l’altro - di musica sperimentale e dell’amatissimo soul andando a comporre un suono completo e variegato. Ecletticità ben visibile ad esempio in The Lottery, brano memore del Cure-sound pur attraverso una struttura inedita per il sound degli Afghan Wighs. Do the Beast si snoda in una serie di brani energicamente elettrici, a partire dallo spagnoleggiante e suggestivo singolo Algiers. I temi contenuti nel disco rimangono gli stessi da cui Dulli è ossessionato da sempre: la morte, il sesso, il cotè più maledetto del rock and roll insomma. La diversa line-up della band pesa notevolmente: il vuoto illustre dello storico chitarrista Rick McCollum viene colmato da una lunga serie di ospiti, tra cui Dave Catching dei Queens of the Stone Age e Clay Tarver dei Chavez, che si amalgamano alla perfezione con il mood della band, contribuendo a mettere a punto atmosfere arcane (Lost in the Woods). Un grande ritorno.
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