XxeNa & DBPIT WHITE STORIES OF BLACK WHALES
[Uscita: 13/09/2015]
#consigliatodadistorsioni
Iniziamo con un accenno ai due artisti che collaborano insieme ormai dal 2008. DBPIT, acronimo di Der Bekannte Post-Industrielle Trompeter, è Flavio Rivabella, oltre ad essere trombettista si occupa del laptop (field recording, elettroacustica), attivo dal 2000, il suo primo album da solista è stato prodotto nel 2002 da Misty Circles. XxeNa è Arianna Degni, una visual artist che cura la parte grafica, concettuale e artistica. Il duo, dal prestigioso curriculum, vanta tra le altre (Macelleria Mobile di Mezzanotte, Novy Svet, Lendormin, Kumiko Okamura) una preziosa e quanto mai inattesa collaborazione con Maurizio Bianchi nel 2013: "Isometrie Sonore/LP" e "Artemisio/Tape", co-produzioni Arte Nel Rumore e Gatto Alieno.
In questo ultimo disco, ancora una volta, l’arte performativa si compenetra e si amalgama al concept musicale. I suoni seguono una parabola di visioni e ambientazioni che in qualche modo si rifanno alle loro esibizioni live, dove convivono diapositive, effetti grafici e propulsioni sonore estemporanee, aggrovigliate tra sperimentazione, industrial, post dark cibernetico che affresca paesaggi cupi, spettrali e indefinite presenze. L’immersione di queste quattro suite è legata a reminescenze acquatiche.
Un liquido delle profondità che restituisce i riverberi e i rituali criptici delle balene, o meglio delle creature marine che popolano gli abissi e che, in questo caso, vengono dipinte di nero, a tracciarne il mistero semiotico e antropologico che ne lega le sorti ad una perenne lotta esistenziale con l’uomo. La storia è narrata però in bianco, come a voler ambire ad un ritrovato equilibrio con ciò che la natura ci rende inintelligibile. Ecco allora che lo sguardo sul mondo si pacifica e può diventare contemplativo, assorto nell’incanto dell’inatteso.
La lotta implacabile e la tensione contro ciò che ci è estraneo è un drappo nero che ottenebra e che si può sollevare con dita leggere a svelare il bianco stupore di nuove armonie. Si delineano nuovi linguaggi sensoriali, un ipnotismo sottile che vuole essere una graduale spoliazione, un morbido e ovattato abbandono a nuove modalità esplorative e nuove suggestioni. Her Majesty è una risacca, una lenta progressione di riverberi che ci restituisce il magico gioco dei richiami di questi imponenti cetacei. In realtà la delicatissima intro di tromba introduce in un vortice rarefatto e irreale in cui il rituale dei richiami si amplifica fino quasi a diventare atavico vagito. Dance in the Deep Blue è un contatto diretto, un risucchio archetipo. Si galleggia senza peso e si va alla deriva in soavi nebbie psichedeliche.
L’ambient drone si stratifica e monta in una pulsazione ritmica che incalza e trascina in un rapimento iniziatico. La maestosità e la fierezza sono tuffi nell’ignoto che lavano via da ogni pensiero e da ogni condizionamento. Ritrovata purezza che si riflette nella trasparenza cristallina dell’acqua e che ci restituisce l’immagine autentica nel nostro essere simbiotici con la bellezza, con la madre terra che ci sussurra i suoi segreti e ci accoglie tra le sue pieghe ignote. Embrace, Fly Away è un viaggio emozionale che ci fa ritrovare. I colori che si decide di tracciare nel book allegato sono il nostro ritratto più profondo. E le balene sorridono di questo ritorno all’innocenza.
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