Federica Michisanti Horn Trio SILENT RIDES
[Uscita: 12/10/2018]
#consigliatodadistorsioni
Con serrata cadenza discografica, e non poca coerenza progettuale, permane fertile e presente la produzione della contrabbassista e compositrice romana Federica Michisanti, già usa a palesarsi nel panorama del jazz nostrano entro formule alquanto personali, a tutt’oggi in triangolate formazioni non contemplanti la ritmica percussiva (parzialmente assolta dal pianoforte, nelle precedenti lineup). Segnata in termini melodico-ritmici dal proprio strumento, il suo spirito cameristico s’esplicita appunto in formule-trio affidando comprimariato contrappuntistico ai fiati e al pianoforte (quest’ultimo dunque con ibrido ruolo sia armonico che ritmico); la Michisanti si rigenera in questo disco in una “parallela” formazione articolata su una stringatissima brass-section, a rappresentanza dell’essenza e del “corpo” strumentale di legni e ottoni. Il programma s’esplicita entro un bilanciamento piuttosto instabile tra fraseologia “ortodossa” e le pulsioni eversive, determinanti nella dinamizzazione dell’interplay, piuttosto sostenuto stante l’intensa carica partecipativa dei tre coprotagonisti, non sminuendo il valore registico del trasparente bordone delle corde basse di Michisanti.
Di calibro i solisti prescelti, talvolta orientati entro una non spiacevole tensione “marziale” e tesi non primariamente alla levigatezza sonora, pur in piena efficacia di sound, quanto nella complessiva resa scenica di soundscape. Densa e complessa la scrittura, che non sembra mirare all’apprezzamento immediato, comunque abile a generare quadri di rappresentativa intensità (la corale marea montante in Your Books, le serpiginose suggestioni in When I wanted to count Stars, il camerismo Third Stream dell’eponima Silent Rides, trovando a cornice la controllata dimensione free dell’introduttiva Morning Sewing, in relativo contrasto con le celeri e luminose figurazioni della conclusiva e spedita Morning Sewing Reprise, che segna un insolito “tacet” di raccoglimento per dissipare le rimanenti energie in guisa di fremente e libera movimentazione jazzy.
Di fatto, con il rigore concettuale e formale che sembra essersi imposta, non sembra aver messo in conto scorciatoie la musicalità di Federica Michisanti, che potremmo (anche) collocare nell’ampio, quanto dinamico bacino del contemporaneo post-bop, e che in questa nuova esperienza segna nuove traiettorie verso soluzioni formalmente più impattanti. Mostrando di aver ben appreso lo spirito jazz della “democraticità in musica” il partecipante profilo della giovane musicista si conferma e rinsalda entro una dinamica conciliazione tra accademia e spirito esplorativo.
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