Upon L’OMBRA DELLE FORMICHE
[Uscita: 10/12/2012]
Un disco il cui grande pregio e prodigio è quello di riuscire a coniugare con grande fluidità e armonia venature di hard rock potenti e monolitiche con eclettismo ed istrionismo free jazz. James Carter o i Rova Saxophone Quartet che tentano di ammaestrare l’irruenza dei Black Sabbath. Una strumentazione classica elettro-acustica che riesce ad incanalarsi in derive cosmiche e futuribili rendendo mutanti e mutevoli le correlazioni e le sonorità di sax- batteria -basso, chitarra -basso -batteria. Attingono alla scuola di Old Time Relijun e Shellac tra noise sperimentale e divagazioni psycho progressive, rileggono il classico in modo deragliato e contorto tra avanguardia e concretismo, alla maniera di maestri del trasformismo quali Can e Captain Beefheart. Sono un trio di Genova gli Upon, il loro acronimo corrisponde a Unsolved Problems of Noise. Il loro essere ‘irrisolti’ li assimila ad una mutazione genetica costante, ad una ricerca che è metafora di plasmabilità e adattamento continuo. Conversione sinusoidale variabile. Formicazione (parte I) inizia con un vibrato esteso di chitarra inframezzato da basso e piatti di batteria. La sua ridondanza glaciale e marziale viene completamente interrotta dalla (parte II) il cui elemento continuativo è rappresentato da una miriade di vie di fuga possibili.
L’esplosione pirotecnica delle commistioni, il dialogo ritmato e sincopato giocato su delay, distorsioni e feedback nevrotici in forma libera. Le Pecore Elettriche Sognano gli Androidi? parte da un pattern funky per poi frastagliarsi in una galoppata di sax vorticosa e ipnotica. Altri pezzi come Una Formica da Marciapiede, Dromofobia (parte I), (parte II) e Born to be an Hive giocano con assemblaggi di sapore impro, tra noise alieno dilatato e spiazzanti scossoni di ride. Il risultato è una coesione e una compattezza che assume stabilità nel suo essere spericolata e alambiccante. Espressione artistica che si basa sui contrasti. Surreale quanto eloquente, straniante e deviata quanto appassionata e ispirata, caotica e irruenta ma anche metronomica, calcolata e calibratissima. Un abbozzo variegato e coloratissimo in cui convivono forme surreali e dadaiste, primordialità, subconscio e schizofrenia, eccentricità e fantasia smodata. Una risposta in chiave freak all’ordinarietà e allo scontato. Geometrie frenetiche nel dialogo naive tra sax e batteria in L’ultimo grido in fatto di silenzio, cacofonie anarchiche ne Il Diavolo A4 e il monumentale mosaico finale di All Jazz Heracon un sax serpeggiante tra incursioni di basso e contorsioni timbriche. Il tratteggio più incisivo tra cosmogonia e devastazione catartica. Fiero, dissacrante, semplicemente geniale. Da annale. Magnifico infine l'artwork firmato da Valentina Fenoglio.
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