Carmen Consoli L’ABITUDINE DI TORNARE
[Uscita: 20/01/2015]
Parlare di Carmen Consoli significa pensare inevitabilmente alla Catania degli anni ’90 e a quella città che per una strana alchimia era diventata il luogo d’incontro del rock indipendente italiano con quello americano in piena esplosione grunge. La scena etnea di quegli anni era composta dai Denovo di Mario Venuti che proseguiva nella tradizione della new wave italiana, dagli Uzeda che esploravano i confini sonici del noise insieme a personaggi leggendari come Steve Albini, dai Flor de Mal vicini per affinità e amicizia ai R.E.M. di Michael Stipe, dai Quartered Shadow di Cesare Basile, solo per citare qualcuno. In quello scenario cosi vivace, Carmen cercava di sviluppare un suono che fondesse insieme la melodia tipica della sua terra con le sonorità più ribelli e sporche provenienti d’oltreoceano. Era la Catania anche di Francesco Virlinzi, che con la sua Cyclope Record consentiva alle band catanesi e a Carmen di suonare molto più rock di quanto gliene avrebbe consentito un qualsiasi altro contesto. Nel 1996 Quel che sento supera le selezioni di Sanremo Giovani e consente alla giovane cantautrice catanese di approdare alla manifestazione maggiore con L’amore di plastica (scritta a quattro mani con Mario Venuti), ottenendo un buon riscontro.
Nell’anno successivo l’energica “Confusa e felice” mostrava una Carmen capace di conciliare la melodia italiana con le ruvidezze indie-rock di ispirazione Throwing Muses, Sonic Youth e PJ Harvey. Ma sarà “Stato di necessità” (2000) molto più che “Mediamente isterica” (1998) a raggiungere quella sintesi perfetta tra il rock sporco e acido d’ispirazione indie (Bambina impertinente) con la melodia mediterranea (Parole di burro), intrecciando magnificamente la voglia di ribellione e il desiderio di autenticità. Negli anni successivi, Carmen abbandonava le forme più ruvide del rock per passare a sonorità più acustiche ("L'eccezione", 2002), etniche ("Eva contro Eva", 2006), approdando infine a un cantautorato folk pop ("Elettra", 2009), attraverso il quale la musicista etnea continuava a esplorare i mille volti della condizione femminile. "L'abitudine di tornare", ottavo album in studio, esce dopo una pausa durata cinque anni e ci restituisce una Carmen Consoli (nel frattempo diventata mamma) capace di guardare il mondo con occhi più giudiziosi e distaccati. L’album è stato scritto in soli due mesi e sviluppato su linee melodiche semplici, molto dirette e prive di qualsiasi appesantimento intellettuale.
Le dieci tracce costituiscono altrettante istantanee di una società sempre più in caduta libera, che ha perso qualsiasi forza etica, abbandonandosi a una rassegnazione priva di vita. Nonostante i toni siano dimessi e non ci sia traccia di quella rabbia che aveva contraddistinto i primi lavori, Carmen Consoli continua a vedere il mondo con gli occhi di una ragazza ribelle, di chi non è capace di arrendersi alle convenzioni e alle omologazioni imposte dalla società. Ecco allora i brani che descrivono le ipocrisie e le stanchezze di amori trascinati per consuetudine (L'abitudine di tornare e Sintonia imperfetta), l’amore omosessuale tra due ragazze che hanno coraggio di fare una scelta di vita (Ottobre), lo stridere della luce abbagliante della splendida Sicilia con il silenzio che brucia di fronte alle violenze mafiose (Esercito silente), le cronache di un femminicidio annunciato (La signora del quinto piano), le insicurezze legate alla fragilità dell’amore (Oceani deserti, scritta dai fratelli Gazzè), l’indifferenza crudele verso chi ha perso tutto (E forse un giorno), le storie immaginarie che nascono da una foto sbiadita o da una vecchia lettera (San Valentino), la solidarietà di facciata dopo l’ennesimo sbarco di migranti (La notte più lunga) e la felicità sorprendente della maternità (Questa piccola magia). L'abitudine di tornare è un album piacevole che ci restituisce una Carmen Consoli più riflessiva, ma sempre animata da quello spirito dolce e ribelle che ci ha intrigato sin dalle origini.
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