Grandmother Safari GRANDMOTHER SAFARI
[Uscita: 16/03/2016]
#consigliatodadistorsioni
Grandmother Safari, attualmente un sestetto composto da Daniele Arca alla batteria, Mario Mereu alle tastiere, Omar Cappai alla chitarra e voce, Federico Mainardi al basso, Alessandra Calaresu al sax e Alessandro Colarossi alla tromba, sono originari di Cagliari e sono in giro dal lontano 2007, senza mai aver pubblicato un disco. Tutto questo tempo è evidentemente servito loro per trovare un linguaggio personale, cosa senz’altro evidente in questo omonimo lavoro che tutto sembra tranne un esordio. Siamo invece di fronte ad un prodotto maturo, in bilico tra jazz elettrico, psichedelia, kraut rock, Canterbury sound, afro beat, che colpisce fin dal primo ascolto.
Colpiscono innanzi tutto i suoni, con la sezione fiati sempre in evidenza, il Fender Rhodes così vintage eppure così moderno, colpisce la coesione tra gli elementi del gruppo e la capacità di padroneggiare molteplici influenze anche lontane tra di loro ottenendo un suono che riesce ad essere sorprendente. Certo, riecheggia in qualche modo la tradizione del jazz rock anni ’70,
ma, almeno per chi scrive, questo non è certo un difetto, anzi, semmai si tratta di una piacevole sorpresa, visto che non c’è nulla di scontato nel modo in cui questi ragazzi si ricollegano a suoni di quarant’anni fa.
Le composizioni sono tutte intestate all’intero gruppo e, a quanto gli stessi dichiarano, sono il frutto di improvvisazioni in studio, dalle quali vengono estratte le idee più interessanti poi organizzate in brani compiuti. Il risultato sono otto pezzi piuttosto dilatati (l’ultimo, intitolato GMS, con le iniziali del nome della band, supera i dodici minuti) in maggior parte strumentali, in cui l’approccio jazzistico è chiaro e gli assoli ben calibrati.
L’opener A Life Show parte molto soft, con un arpeggio chitarristico dilatato e un cantato in sottofondo, ma si trasforma in corso d’opera una cavalcata cinematica vagamente post-rock. Seed Balls segue uno schema simile, con l’entrata in scena della sezione fiati a creare un interludio infuocato, in Love Geometry soffia un vento proveniente dalla direzione di Canterbury, il singolo Dunia invece è caldo come la Nigeria di Tony Allen. Arriviamo a Sand Bells, brano atmosferico costruito sul tappeto insistito di basso e batteria, in Acid Milk assistiamo al proficuo dialogo tra la voce e la sezione fiati. Seguono gli ultimi due brani, Lines And Circles dall’andamento, appunto, circolare e GMS, una lunga jam autocelebrativa che dà spazio ai solisti. Lo diciamo senza troppa prudenza: questo è un gran disco, un esordio fantastico, un ascolto doveroso.
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