Alessandra Novaga FASSBINDER WUNDERKAMMER
[Uscita: 1/01/2017]
#consigliatodadistorsioni
Il cabaret nero dell’avanguardia che Rainer Werner Fassbinder mette in scena è incarnato profondamente nella gestualità e nella drammaturgia esasperata del teatro. Non a caso il regista e scrittore tedesco si ispira direttamente alla corrente espressionista di Bertold Brecht per poi aprirsi alle nuove esigenze espressive del Nuovo cinema tedesco. Il suo è espressionismo antagonista di tutto ciò che ha ordine e conformità, un espressionismo di asperità sovversiva e indomita ribellione, di inquieta e avida ricerca piena di consapevolezza e dolore nichilista. Ma usiamo il massimo del rispetto nei confronti di Fassbinder lambendolo solo trasversalmente, magari incuriosendo chi non ne sapesse abbastanza ad approfondire quanto prima la sua estetica e la sua filmografia. Narriamolo solo idealmente attraverso il lavoro di Alessandra Novaga che lo prende a ideale d’ispirazione.
Questo è un disco incredibilmente ispirato e come la scintillante potenza di tutte le cose ispirate è prepotentemente pieno della personalità e delle attitudini di chi lo ha creato. L’ispirazione crea, apre nuove porte è avanguardia pura. Tutto il resto è cornice. La Wunderkammer (potremmo tradurre il termine come camera delle meraviglie) è profondamente intimista, onirica, capace di restituire riflessi deformi e vibranti, si nutre di spiragli e di alternanze che regolano l’intensità della luce per flirtare con le ombre. E’ un po’ la camera in cui ci si osserva, ci si ascolta in un turbinio di pensieri che alterano sogno e realtà, voglia di evadere, perseveranza nel resistere, trasformismo come gesto teatrale spietato… la consapevolezza di indossare una maschera per non poter fuggire. In questa camera si specchiano tutti i personaggi creati da Fassbinder. Si rispecchia Alessandra Novaga. Il procedere fuori da ogni controllo e da ogni progettualità preventiva è l’unica regola che vige sovrana in questa stanza.
Veronica Voss sembra voler districare il filo di un’identità perduta con il loop del nastro che introduce la protagonista dell’omonimo primo film di RWF. Tra alternanza di arpeggi e stridori delle corde per mezzo di archetti o svariati stratagemmi di amplificazione si ha un’idea di esplorazione intensa, accorata, nervosa, travagliata ma anche lucidamente disincantata, a tratti dissacrante e iperbolica. Cristallina impalpabilità per Goetter der Pest e Der Amerikanische Soldat e una serie di stratificazioni spastiche, di processi sonori che descrivono meticolosamente la propagazione, il respiro vibrazione che spazia nell’etere per entrare nella complessa poetica di Berlin Alexanderplatz e Franz B., tratti dalla stessa serie. Gli undici pezzi esplorano l’intensità emotiva degli stati d’animo attraverso l’associazione con il suono materia che si autoalimenta e si autotrasforma per mezzo dell’energia. Idea di potenziale in continua trasformazione regolato da forze cosmiche, il misticismo spirituale del divenire.
Una ciclicità che si chiude con il tributo a "Querelle de Brest", Each Man Kills The Thing He Loves è affidata al sussurro, alla voce trafitta da feedback e interferenze. E ci riporta a quella scenografia surreale in cui si muove il carrozzone di esistenze in cerca di identità. Le tematiche tratte da "Lola": Lola e Serenade richiamano ancora una volta il fascino perverso dell’ambiguità, lo sgargiante potere evocativo e visionario dei contrasti. La clessidra dell’implacabilità spazio tempo si dissolve in un unicum di flashback puramente introspettivi con i due spezzoni di L.M. (Lili Marlene) che non si ispirano a Peer Raben ma rivisitano un immaginario di simbolismi che possono tradursi in un appassionato omaggio all’audacia sperimentale con la quale l’essere umano è chiamato a mettersi in scena, a reinventarsi in continui e repentini cambi di sceneggiatura che equiparano il dramma teatrale al paradosso magnifico e terrificante della vita in balia della fatalità.
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