Magnet Animals BUTTERFLY KILLER
[Uscita: 20/05/2016]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
Todd Clouser, cantante e chitarrista nato a Minneapolis ma residente in Messico, è qui accreditato come cantautore, ma mai definizione è stata più fuorviante, almeno per chi da un classico songwriter si aspetta una serie di brani che abbiano la forma/canzone tipica e peculiare che ben conosciamo. E qui non è proprio così: Clouser, dopo l’esperienza con il suo primo gruppo A Love Electric, in questo nuovo disco, firmato Magnet Animals, si circonda di tre abili strumentisti che supportano alla grande la sua vena psichedelica e surreale. Insieme al bassista Shanir Ezra Blumenkrantz, al batterista messicano Jorge Servin e al co-protagonista e secondo chitarrista Eyal Maoz, Clouser ci prepara un pasto nudo e psicolettico dove le parti vocali sono solo una minima parte del goloso banchetto.
La voce, infatti, non è la protagonista assoluta; anzi, è registrata “sotto” i fraseggi psichedelici delle due chitarre, lontana, filtrata e bofonchiosa in recitativi spoken word che nulla hanno a che fare con la definizione di canzone.
“Butterfly Killer” è soprattutto un album strumentale, un album di chitarre che si inseguono, si intersecano, si sovrappongono e si intrecciano nel gioco acido che fu già di Hendrix, Zappa, o Nels Cline e, uscendo dalla dimensione del rock chitarristico, di certi jazzisti “out of head” quali Miles Davis e Charlie Parker. Ecco che quindi, pur nell’unitarietà indiscussa dell’album, ritroviamo gli accenni di un blues sgangherato quale Headphone Girl, quelli math rock di Baby Gods, il rumorismo psych che si sposa con l’orecchiabilità del riff in Butterfly Killer, la psichedelia acida e sognante nella lenta e meditativa Bill Borroughs, le chitarre riverberate d’eco nell’altrettanto onirica e recitata Atayde, e il flirt con il reggae di Little John the Liar.
State of Mind offre ancora l’incontro tra la canticchiabilità di un riff assassino e le svisate free delle chitarre a ruota libera, mentre gli otto dilatati minuti di I give up and love somebody salgono verso gli spazi chitarristici più eterei e siderali dell’Hendrix meno virtuosista e più narcolettico. Un altro paio di brani di notevole fattura concludono la valida espressione della creatività di una band che aggiunge un altro tassello di estremo interesse al catalogo di piacevolezze alle quali RareNoise Records ci sta ormai da tempo abituando.
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