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21 Gennaio 2012

Claudio Pescetelli Nudi e crudi! Piccola storia dei Festival Pop italiani

2011 - I libri del Mondo Capellone

 Vol. 2°: giugno 1972 / settembre 1974        (pp. 152, €. 12,00)

 

Giunge, a distanza da un anno dal precedente, questo secondo volume della meritoria opera di indagine che Claudio Pescetelli, appassionato viaggiatore nel passato musicale italiano - ha dedicato opere anche ai gruppi beat degli anni Sessanta -  sta facendo sui festival pop italiani degli anni Settanta. Chi ha letto il precedente volume sa che l'intento dell'autore non è quello di darci un saggio sociologico del fenomeno, quanto quello di ricostruire il più fedelmente possibile gli avvenimenti, di farci rivivere, attraverso le cronache dei giornali e delle riviste musicali dell'epoca, le testimonianze dei protagonisti, i documenti (foto, volantini, manifesti) un periodo che fu molto vitale e contraddittorio. In particolare gli anni presi in esame in questo libro sono quelli che vedono esplodere la forte contrapposizione fra i festival, ed i concerti, gestiti dai manager professionisti e dalle case discografiche e il movimento antagonista, capitanato da Stampa Alternativa, che si opponeva all'uso commerciale della musica e al pagamento del prezzo del biglietto; nascono così Festival e manifestazioni organizzati da non professionisti o da gruppi politici e culturali (Lotta Continua, Re Nudo, Radicali). Sono gli anni in cui l'utopia dei figli dei fiori tramonta e la fruizione della musica, soprattutto nella dimensione live, si unisce inscindibilmente alle istanze politiche del movimento giovanile, come dice Pescetelli:

 

"Insomma il festival pop - o perlomeno un certo tipo di festival, quello nato dall'utopia di Woodstock e che cerca di anteporre l’aspetto ludico di festa socio-musicale a quello di epicentro delle lotte e delle rivendicazioni di migliaia di giovani, che vi affluiscono in massa con il loro pesante carico di frustrazione, rabbia e paranoia, fregandosene spesso di chi si sbatte sul palco - sembra considerato da tutti boccheggiante, se non addirittura defunto". Rileggere oggi, a quasi quaranta anni di distanza, i testi riproposti da Pescetelli, non è solamente, per chi allora c'era, un nostalgico sguardo nel passato, ma un'utile riflessione su quello che eravamo, su quello che facevamo, sulle cose di cui discutevamo; per chi, più giovane, non c'era, sarà invece importante conoscere quale è stato il cammino difficile della musica rock nel nostro paese quando davvero il rock non si ascoltava soltanto, ma lo si viveva come una forma di opposizione alla società chiusa e conformista e di lotta per un mondo di liberi e uguali. Come dice Bambi Fossati, che con i suoi Garybaldi fu uno stacanovista dei raduni pop, in una testimonianza riportata nel libro: 'Noi musicisti eravamo liberi di fare quello che volevamo. Con le case discografiche si incideva il disco e basta; poi gli impresari ci procuravano le date nei locali. Ma i festival pop si staccavano da questo sistema, era una cosa veramente libera. Si partecipava sempre volentieri perché erano un'isola felice. Se non avevi soldi c'era chi ti aiutava. Volendo è stato un esempio di etica e filosofia. Non stavamo a misurare alcun compenso. Non ci siamo mai tirati indietro e al sistema non piaceva la libertà che avevamo, infatti cominciarono a osteggiarci, eravamo troppo belli e troppo liberi'.

 

Naturalmente non tutto andava sempre per il meglio, non era raro che, per i più vari e spesso futili motivi, i festival venissero annullati o saltassero all'ultimo momento: celebre il caso del megafestival all'autodromo di Santamonica, organizzato da David Zard con un cast di livello internazionale, al quale fu negato il permesso a poche ore dall'inizio; in altri casi gli scontri con la polizia, sempre massicciamente presente ad ogni raduno di capelloni, o il rifiuto di pagare il biglietto misero in crisi gli organizzatori. Di tutto questo dà conto questo agile libro che io ho divorato con passione, ma anche qualche divertimento nel rileggere una prosa che una volta mi era familiare e che oggi non posso che guardare con una certa affettuosa e a volte infastidita ironia: 'Durante l'estate 1973 gli sciacalli italiani del pop escono dalle fogne e si rivelano per quello che sono: avidi speculatori disposti a trasformare i loro festivalotti in lager con cani lupi, marchiature sulla pelle per smascherare chi non paga e, naturalmente, tanta tanta polizia. Tutta l'operazione, tutti i pop campi di concentramento sono messi su con il patrocinio del giornale clerico-fascista CIAO 2001' (Stampa Alternativa). Altrettanto interessante il giudizio tutto ideologico che Lotta Continua diede nel 72 del festival organizzato a Zerbo da Re Nudo: 'I compagni di Re Nudo hanno avuto il merito di organizzare questo festival, gratuito e non una delle solite speculazioni capitaliste che sfruttano il desiderio dei giovani di ascoltare la musica. Ma bisogna dire che la loro ideologia che fa del vivere diversamente la cosa più importante per il comunismo /più importante della lotta stessa, ha avuto tutto sommato scarso riscontro tra le masse dei giovani presenti'.  Il testo ha il merito di illustrare il dibattito politico che si sviluppò in forme anche molto accese intorno ai festival, senza dimenticare l'opposizione di destra della cosiddetta maggioranza silenziosa, ma di dedicare anche ampio spazio alla musica e agli artisti che calcavano i palchi della penisola: dai gruppi che poi saranno etichettati come prog ai cantautori, da De Gregori a Venditti,  a Bennato, allora alle prime armi, dai gruppi stranieri agli autori legati alla canzone politica di protesta.

Ignazio Gulotta
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