Shadow Circus ON A DARK AND STORMY NIGHT
Gli Shadow Circus avevano fatto capolino nel mondo del progressive rock esplodendo veramente come un fulmine a ciel sereno, grazie a un album, “Welcome to the freakroom”, del 2007, dalla copertina orrorifica e inquietante, che si era imposto come una delle più ghiotte novità prog del decennio. Tra le lunghe tracce svettava la massiccia Radio People, con un intrecciarsi di riff di tastiere che sembravano usciti dalla penna di Rick Wakeman negli anni d’oro degli Yes. Decisamente meno entusiasmante il prolisso e poco grintoso “Whispers and screams”, del 2009: possibile che dopo solo un disco una band così spettacolare avesse già perso la vena creativa? E invece, dopo i “sussurri e grida” eccola tornare con un altro titolo letterario (chi non ha iniziato almeno una volta un discorso con “…Era una notte buia e tempestosa”?) e con un album che essi stessi definiscono il più ambizioso della loro carriera. Un centro perfetto. Non solo un album certamente ambizioso, come la volontariamente eccessiva introduzione sinfonica della traccia intitolata Ouverture attesa, ma un’opera che qualitativamente stacca di gran lunga persino il loro pregevole esordio.
Non dimentichiamo che il prog-rock negli USA nasce sulla scia del successo che negli anni ’70 avevano avuto in quei luoghi le tournèe di bands italiane come Pfm e Banco del Mutuo Soccorso. Non dimentichiamolo, appunto, ed evidentemente non lo dimenticano nemmeno gli Shadow Circus: la struggente Daddy’s gone potrebbe essere benissimo un episodio tratto da “Photos of ghosts”, il primo disco anglofono della Pfm! Invece in Whosit, Whatsit and Which riappare lo spettro degli Yes, sempre ben presenti nelle ispirazioni degli Shadow Circus. In un CD dominato dai suoni impetuosi e magniloquenti del vecchio Mellotron (ben due i tastieristi in formazione: il nuovo David Silver affianca il polistrumentista John Fontana, che agli esordi sovraincideva tutte le parti chitarristiche e tastieristiche) e ben condito da delicati ricami acustici (a opera dello stesso Fontana) a riportarci a timbriche ben più attuali è l’energica Tesseract, strumentale di pura scuola metal-prog (genere in cui negli USA sono maestri, dai Dream Theater agli Shadow Gallery) ma sfiorata persino da reminiscenze di Porcupine Tree e Ozric Tentacles! Non c’è altro da aggiungere: per noi è L’Album prog della stagione 2012/2013 e si candida nella rosa dei dischi prog-rock del decennio.
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