The Three Blind Mice Early Morning Scum
Asphalth Jungle esplode come un vecchio caro pezzo dei Cult o meglio dei carissimi Southern Death Cult: Billy Duffy che voleva essere Jimmy Page e Ian Astbury che voleva essere tutti i Doors. Confezione splendida, copertina fantastica. I tre topi ciechi nascono tre anni fa a Milano, ma dopo il primo EP vinilico iniziano a suonare in giro per l’Europa. Questo è quindi l’esordio sulla lunga distanza per Manuele Scalia (voce e chitarra), Daniele De Santis (chitarra), Matteo Gullotta (basso) e Matteo Quaranta (batteria). E ai Doors si pensa ascoltando Devastation Town, una sorta di remake della immortale Break on trough degli sciamani di Venice. Niente di male per carità e Dust Devil conferma la fascinazione doorsiana. Ma copiare (male) il magnifico riff di The Seed, sfuggito chissà perché alla mente di Keith Richards e alla fine partorito dalle funamboliche mani di Cody ChesnuTT in complicità con The Roots, non rende imparziale l’ascolto di Three storey girls.
Mentre ci si prospettava una track list tutta “volevo essere chiunque”, ecco la splendida sorpresa di Knuckles: finalmente i topini suonano davvero. Fra The Long Ryders e True West un brano che coinvolge (noi e la band). Puoi citare chi vuoi fra le tue influenze, da Mozart a Ramazzotti, ma quello che sei realmente esce fuori, e le chitarre, la ritmica rock’n’roll e la voce di Manuele “Jim” Scalia tracimano anche nella successiva Golden spiral kill. Slow Motion è davvero un grandissimo pezzo: fra Church, Psychedelic Furs e Killing Joke, travolge e affascina. Ecco di nuovo farsi largo la vera anima di questa band che potrebbe molto se solo decidesse di essere se stessa. È tempo di salutare gli idoli e di guardare avanti, la sostanza c’è. Partite dalla ghost song: una Leavin’ on a jet plane di John Denver da brividi! “It’s a long way to the top if you wanna rock’n’roll…”.
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