Michael Chapman 50
[Uscita: 20/01/2017]
Inghilterra #consigliatodadistorsioni
Cinquant’anni di carriera sono un bel traguardo, specie se il tuo successo è sempre rimasto circoscritto a una pur considerevole cerchia di affezionati seguaci di un genere legato al periodo aureo del folk rock albionico impreziosito da sfumature psichedeliche, oggi riproposte da un produttore come Steve Gunn che ha dimostrato, in proprio, di saper maneggiare adeguatamente la materia (non a caso, il suo “Eyes On The Lines”, basato su questi ingredienti, è comparso in quasi tutte le playlist “importanti” del 2016). Michael Chapman, classe 1941, forte di capolavori quali “Rainmaker” (1969) e l’acclamato “Fully Qualified Survivor” (1970), celebra questo importante traguardo con "50", un disco degno di quel glorioso passato, prodotto magnificamente dal suo degno epigono e impreziosito da un’ospite di riguardo quale Bridget St. John.
La voce di Chapman (resa meno potente ma più affascinante dalle primavere trascorse, ricorda a tratti quella di Mark Lanegan) poggia su un tessuto strumentale perfetto per queste canzoni senza tempo, tutte autografe, alcune reinterpretazioni (The Mallard, Memphis In Winter) e prive di un’appartenenza sonora territoriale: brani quali The Prospector (già apparso nello splendido, a dispetto della copertina, "Life On The Ceiling") sembrano appartenere più al rock di stampo Paisley Underground che allo storytelling made in U.K., ma Gunn è americano e si sente la mano di uno abituato a quel genere di suoni. C’è spazio anche per un pizzico di country (Money Trouble), o per ballate che arrivano curiosamente a ricordare John Dee Graham (That Time Of Night, dove anche la voce contribuisce alla suggestione), ma 50 risulta coeso, scorrevole: è difficile staccarsene, come sempre più raramente accade, e sappiamo quanto vi sia bisogno di “album” veri e propri, dischi da mettere su e ascoltare dall’inizio alla fine: mission accomplished, Mr. Chapman.
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