Parkay Quarts CONTENT NAUSEA
[Uscita: 11/11/2014]
USA # Consigliato da Distorsioni
Secondo disco nel 2014 per i tanto prolifici quanto schivi Austin Brown e Andrew Savage, chitarristi e vocalist originari del Texas, ma trapiantati nella Grande Mela, due tipi che, nell’era dell’informazione invasiva, brillano per assenza dai social media e che, senza alcuna spiegazione, abbandonano per questa occasione l’abituale moniker Parquet Courts, con il quale hanno editato mesi fa il notevole “Sunbathing Animal”, per adottare questo Parkay Quarts, la cui pronuncia è praticamente coincidente con quella del primo e cita, altrettanto inspiegabilmente, una marca di margarina piuttosto diffusa oltreoceano. Va detto che la formazione del gruppo, diciamo così, originario comprende il batterista Max Savage e il bassista Sean Yeaton, di cui il duo Brown/Savage ha deciso, in questa occasione, di far senza, registrando il tutto in un paio di settimane su un quattro tracce a cassette, praticamente l’archetipo della bassa fedeltà.
Tra le varie collaborazioni occasionali del disco spiccano il sassofono di Jef Brown (Jackie O Motherfucker) e il violino distorto di Bob Jones (Eaters). Non abbiamo di fronte un lavoro dall’ispirazione univoca, il duo spazia tra il noise-pop, il post punk, il rumorismo a bassa fedeltà, la ballata acustica neo-folk, il tutto condotto dal tono di voce ipnotico, svagato, spesso a cavallo tra il canto e la spoken word dei due frontmen. La tracklist alloggia quindi tutti questi diversi stili, a volte mescolandoli, a volte proponendoli allo stato puro, come accade ad esempio con i primi due brani, Everyday It Starts e la title track, squadrati, granitici nel loro andamento post punk, la seconda in particolare, scorticata al limite. Il suo testo, un’invettiva contro la falsa modernità dei nostri tempi amari, viene stentoreamente gridato. Più propriamente punk Insufferable, uno dei pezzi migliori del disco.
Non mancano gli episodi rumoristici, le elettroacustiche Psycho Structures e The Map, e i momenti semiacustici, le ballate Pretty Machines e Uncast Shadow Of A Southern Myth. Le due covers: Slide Machine perde la rudezza protopunk dei 13TH Floor Elevators per trasformarsi in una splendida ballata acidula dall’incedere velvettiano, e una folgorante These Boots Are Made For Walking, l’arciconosciuto standard country di Nancy Sinatra, è condensata in due minuti scarsi quanto intensi e rumorosi. Un disco potente, non immediato, ma che ci regala episodi di notevole qualità, nel solco dei numi tutelari che gli autori stessi citano: Wire, Gang Of Four, Mission Of Burma. Fatte le debite proporzioni, ovviamente.
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