Mondo Naif TURBOLENTO
Un’inquietante, ma al tempo stesso affascinante e curatissima, copertina, fatta di ippopotami che cadono dal cielo negli abissi marini, sagome di Hitchcock, maschere veneziane, donne nude e aquiloni ci introduce, quasi scaraventandoci dentro come il succitato ippopotamo, nel sound dei Mondo Naif. All’inizio di dicembre abbiamo recensito sulle pagine virtuali di Distorsioni i Captain Mantell; ora, a un paio di mesi esatti, ci occupiamo di questi Mondo Naif che, con i Capt. Mantell, stringono una forte parentela: è proprio il “Capitano” in persona, Tommaso Mantelli, che si è occupato della produzione sonora di questo secondo album dei Mondo Naif, “Turbolento”, mentre il suo braccio destro Sergio Pomante ha messo a disposizioni i suoi interventi al sax. Collaborazione stretta, quindi, ma sonorità veramente diverse: per il trio guidato da Tommaso Mantelli, infatti, avevamo citato un percorso tra i meandri del rock più cupo e decadente, che fondeva David Bowie e Nick Cave, Iggy Pop e Julian Cope, Roxy Music e King Crimson.
Qui siamo ancora di fronte a un trio, seppur strutturato in modo completamente diverso, ma Stefano Frassetto (basso e voce), Alberto “Tex” Tessariol (chitarra) e Carlo Bernardi (batteria), questi i nomi dei Mondo Naif, ci presentano una musica fatta di cavalcate allucinate e deliranti nelle quali la psichedelia si intreccia con lo stoner e con un hard rock squisitamente vintage e di pregevole fattura. In Aquilone, che vede la partecipazione al sax di Pomante, volendo si possono ravvisare anche echi prog, per gli “stop’n’go” e i cambi repentini che la band inanella con perizia, ma il tutto è comunque filtrato attraverso il rumorismo e una bella dose di acido; i Khan dell’allora giovane Steve Hillage affiorano nelle atmosfere spaziali di questo brano, ma nel loro incedere maestoso si scontrano violentemente con il math-rock dei Don Caballero per poi intrecciarsi con i Queens of the Stone Age. Per sempre è una breve ma spiazzante parentesi per solo pianoforte, che sembra suonata per intrattenere i più malinconici clienti che aspettano il loro turno in un postribolo clandestino. Il resto sono chitarre, rocciose, energiche, fluide, con testi che citano Clapton, mentre in realtà quello che si sente richiama più un percorso che parte da Hendrix per incontrare Tony Iommi e sfociare a tratti persino in J Mascis. I testi in italiano sono sfacciati e graffianti quanto basta, ma la lingua inglese, se fosse stata scelta, avrebbe regalato a questo album quel respiro internazionale che ne avrebbe fatto davvero qualcosa di epocale nel suo genere.
Video →
Commenti →