The Doggs Red Sessions
# Assolutamente consigliato da DISTORSIONI
E’ quasi commovente la devozione di questi tre ragazzi milanesi al sound torturato e privo di compromessi degli Stooges dei primi due album, soprattutto a quel “Fun House” che ancor oggi rimane una ferita aperta e sanguinante, oggi che – nel momento in cui scriviamo - Iggy Pop compie 65 anni. Lo si percepisce chiaramente ascoltando anche questo terzo lavoro, “Red Sessions”, poco più di una mezzoretta registrata – benissimo - come il precedente secondo dischetto del 2011 “Black Love EP” ai Toxic Basement Studio.
E’ la terza volta che scrivo di loro – li seguo e conosco dal primo omonimo ep del 2009 - e ho paura che mi ripeterò: Marco Mezzadri (vocals & bass), Christian Celsi (guitars & back vocals) e Grazia Mele (drums & percussions), The Doggs costituiscono la band italiana che più in assoluto ha saputo e sa interiorizzare, elaborare e riproporre il vangelo di dolore e disadattamento urbano trasudante dai primi brani della band di Iggy Pop e dei fratelli Asheton; ascoltate le performance chitarristiche asciutte, angosciose ed acuminate, di Christian negli otto brani di "Red Sessions", e poi sappiate dirmi se esiste nell’attuale panorama rock italiano un discepolo migliore di Ron Asheton: non scommettete nulla, siete condannati a perdere. Inconfondibile ormai anche lo stile vocale di Marco, improntato ad una rabbia distante, velenosa come il morso di un cobra. L’impronta generale di queste otto composizioni firmate dalla band rimane quella suddetta, a distanza di tre anni dal debutto: a tratti si direbbe però emergano (Destruction of love, Burning inside) fascinazioni mutuate dal miglior dark britannico primi 80.
“Red Sessions” è un ininterrotto cuore di tenebra di 33 minuti: rigetta ogni sorta di compromissione sonora e lirica possa scalfire il suo nichilismo, il pericoloso filo ‘rosso’ della degenerazione esistenziale che lo fa palpitare. Due episodi ne rappresentano l’acme assoluto, Midnight Eyes e Drugstore: difficile sentiate in giro qualcosa di altrettanto disperato e implodente, che giustifichi l’adozione di un termine, ‘punk’, da intendersi nella sua accezione più ‘storica’ e dilatata possibile. Un discreto progresso “Red Sessions”, da parte dei Doggs, nel processo di personalizzazione; azzeccata anche l’introduzione in due brani del cello (Elena Brenna) che assicura loro un’inusitata efficacissima profondità, e del sassofono (Paolo Lopolito) – non certo una novità per i Doggs – in Ride my bomb. Lasciamo ora questi ragazzi godersi per quanto tempo vogliono l'eco mediatica - spero corrispondente al loro indubbio valore - di "Red Sessions": sarà interessante dopo appurare come intenderanno muoversi, e per quanto ancora resterà inossidabile la loro fedeltà ai 'testi sacri'.
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