Youth Lagoon WONDROUS BUGHOUSE
[Uscita: 5/03/2013]
Youth Lagoon è il progetto di Trevor Powers, un giovanissimo musicista proveniente da Boise, Idaho; due anni fa il debutto con “The Year Of Hybernation” anch’esso uscito per la Fat Possum, produzione casalinga che non ha mancato di attirare sul nostro l’attenzione della critica; adesso per questo “Wondrous Bughouse” si è trasferito in Georgia col produttore Ben Allen (Animal Collective, Deerhunter), ed ha ampliato il numero dei suoi collaboratori. Powers oltre ad aver composto tutte le canzoni e a cantare suona chitarre, piano, percussioni, programmino e sintetizzatori. Rispetto all’esordio, più riflessivo e intimo, questo “manicomio meraviglioso” è più espansivo e ricco negli arrangiamenti. Ciò che stupisce in questo “Wondrous Bughouse” è la grande maturità artistica e la sfavillante fantasia creativa dell’artista che crea dieci perle sonore di irrequieto pop psichedelico, ricche di sonorità sorprendenti, di soluzioni melodiche e ritmiche affascinanti, di un universo sonoro che sembra provenire dai luoghi più reconditi della psiche. In 17 contenuta nel disco precedente ci sono dei versi che rappresentano il manifesto poetico di Powers. «Non smettere di immaginare, quando lo farai sarai morto».
Quella che ascoltiamo è musica immaginifica, evocatrice di mondo onirici e lontani, suscitatrice di sonorità inquiete che sembrano uscite dalla fertile mente naif di un eterno fanciullo perso nei suoi fantasmi e impegnato in un lisergico viaggio incantato nel contorto universo dell’interiorità. Come ha dichiarato lo stesso Powers l’album trae ispirazione «dall’essere divenuto sempre più affascinato dalla psiche umana e dall’incontro fra il mondo spirituale e quello fisico». La copertina di stampo psichedelico, crea insieme a immagini infantili, un movimento sinuoso che ricorda la corteccia cerebrale in un intreccio di immagini solari e di cupe inquietudini e costituisce un perfetto viatico visivo alla musica.
L’iniziale Through Mind and Back è un incubo allucinato che potrebbe essere uscito dalla colonna sonora di un fantascientifico apocalittico degli anni Cinquanta, suoni elettronici cupi e angosciosi, e un incedere grave e trasognato ci introducono all’universo musicale e mentale di Powers, la cui voce fragile, efebica e le volute inquiete dei synth sono la cifra distintiva delle successive canzoni. Melodie sghembe e dissonanze richiamano Animal Collective, ma anche la Beta Band, mentre la psichedelia liquida, trasognata e languida ci libra sui paesaggi sonori di Mercury Rev e Flaming Lips, ma non mancano gli echi dei Pink Floyd nell’epica liricità spaziale di brani come Daisyphobia e una discreta dose di follia carnevalesca alla Of Montreal in Mute; una sinuosità orientaleggiante caratterizza la giocosa Attic Doctor, in contrasto con la dolente The Bath; Dropia, scelta come singolo, è un’ipnotica nenia psichedelica con la voce di Powers che ripete come mantra propiziatorio «You’ll never die». Un disco ricco di sorprese come un cappello magico da cui tirar fuori imprevedibili note lisergiche.
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