Interstatic Interstatic
[Uscita: 15/05/2012]
Roy Powell (Hammond B3, synth), Jacob Young (guitar) e Jarle Vepestad (drums). Questa la scarna formazione autrice di questo omonimo, secondo album per la meritoria Rare Noise Records, che segue il precedente “Anthem”, uscito in effetti a nome dei tre componenti. Tecnicamente abbiamo di fronte un gruppo di “all stars”, che oltretutto possono vantare collaborazioni di altissimo livello (Pat Metheny, Cuong Vu, King Crimson... ). Dal punto di vista sonoro il risultato è un jazz-rock rarefatto e atmosferico, sul tappeto sincopato della batteria si addensano le nubi dell'organo e/o del synth e i fulmini della chitarra elettrica, spesso filtrata da effetti computerizzati. Tutto molto nordico (si evoca il nume tutelare Terje Rypdal) e dilatato, con spruzzate di psichedelia piuttosto frequenti. L'atmosfera del disco evoca un panorama di foreste di betulle affioranti dalla neve, visto dal finestrino appannato di un treno. Personalmente amo l'inverno e le atmosfere che esso crea, quindi mi trovo a mio agio in panorami come questo.
Ciò non può bastare, ovviamente, a fare di questo “Interstatic” il capolavoro che infatti non è: sicuramente è un buon disco, ottimamente suonato e altrettanto ben registrato, ma forse un po' troppo freddo (e ci risiamo...), poco sanguigno, privo di quel fuoco che ti fa venir voglia di cacciarlo dentro il tuo lettore cd invece di lasciarlo sullo scaffale a prendere la polvere. Tuttavia merita un ascolto attento, perchè una volta rotte le diffidenze ci possiamo trovare momenti assai soddisfacenti, come l'opener Stills, molto propedeutica alla comprensione del lavoro, la seguente First Vision, piuttosto “methenyana”, nel miglior senso del neologismo, l'ottima Washed Up, una specie di lungo assolo del bravissimo chitarrista Jacob Young che dà comunque modo agli altri due membri del gruppo di mettersi in grande evidenza; la title track, in cui echeggiano i meravigliosi Soft Machine, e, ancora, The Elverum Incident, forse il pezzo più jazz dell'album, in cui comanda l'Hammond di Roy Powell. Insomma, non il meglio che la meritoria Rare Noise ci abbia proposto, ma comunque un disco degno d'interesse.
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