Baby Woodrose FREEDOM
[Uscita: 16/09/2016]
Danimarca #consigliatodadistorsioni
Ancora piacevoli notizie dal nord Europa: il settimo album in studio dei leggendari Baby Woodrose. A quattro anni di distanza da "Third Eye Surgery" i danesi guidati da Lorenzo Woodrose portano alla ribalta il loro rock psichedelico e impegnato. "Freedom" è infatti una riflessione sui nostri tempi e sui mali che, almeno secondo il barbuto Lorenzo, affliggono l'uomo moderno. Quali che siano lo si può intuire dalla title-track e dai titoli tutti più o meno appropriati: 21st Century Slave, Reality, Mind Control Machine, Termination. Quelli che non fanno riferimento alla decadenza del sistema di valori occidentale, guardano invece ai concetti più esportabili della spiritualità orientale: Open Doors, Peace, Mantra.
Ancora una volta si conferma la sensibilità politica spiccata, la volontà di denuncia nei confronti di una realtà che sta stretta ai Baby Woodrose. Da buoni cittadini del "paese più felice del mondo", con la sostenibilità di un progetto che incontra una certa vena ingenua (quasi new age), la band ci tiene a precisare che le registrazioni sono state effettuate dal vivo, seguendo i processi analogici e riducendo al minimo gli interventi di over-dub. L'intento dei Baby Woodrose è quello di rappresentare la nuova realtà introducendo una nuova tipologia di canzoni, le modern slave song.
Partendo dalla title-track, la famosa Freedom che Richie Havens improvvisò a Woodstock ma che in origine era una slave song, i danesi reinterpretano come loro solito il patrimonio psichedelico degli anni '60 e quello più spigoloso dei primi '70, senza però dimenticare la lezione dello space-rock inglese. L'attacco duro dei fuzz di Reality non delude: a metà tra ballad e jam, contiene lunghi lancinanti assolo chitarristici di Lorenzo Woodrose (nella foto a sinistra e sotto a destra), la cui voce effettata sembra giungere direttamente dal picco di una montagna. Il singolo 21st Century Slave apre con fuzz a manetta e un ipnotico riff che scivola nel nevrotico beat di Open Doors: ancora sensibilità psichedelica declinata secondo dettami hard. Influssi di Hawkwind, Spacemen 3 e Loop sono invece chiari in Mind Control Machine, uno dei migliori pezzi, saturo di riff angolari e wah-wah; il freak-folk aperto di Peace arriva a metà del disco, dove la title-track (urticante ed epica à-la Neil Young) apre le porte a Red The Sign Post, un sabba lunare di 3 minuti che scarica tutte le sue energie rabbiose. Mantra è il brano più simile ad una canzone dei Jefferson Airplane mentre la lunga e rallentata Termination manda tutti sotto le coperte con i suoi 9 minuti sfiorati. Dopo 15 anni di attività, i Baby Woodrose costruiscono 9 songs che reggono il passo coi tempi e gli stili, si confrontano e rimangono in piedi ma non abbarbicati sulla propria rocca, sempre aperti e pronti ad abbracciare nuove idee, come del resto in generale Europa e Scandinavia.
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