Valentina Dorme LA ESTINZIONE NATURALE DI TUTTE LE COSE
[Uscita: 17/04/2015]
#consigliatodadistorsioni
Etimologicamente l’estinzione ha a che fare con la sparizione lenta del fuoco che non ha nulla ancora da bruciare. E di questo violento placarsi si ha eco nel nuovo lavoro di Valentina Dorme che si risveglia ansimando dopo quasi sei anni da “La Carne”. I sogni di Valentina in questi anni di sopita clausura devono essere stati molto agitati, considerata la macchinazione musicale non pacificata cui mettono capo in questo “La Estinzione Naturale di Tutte le Cose”. Valentina deve avere sognato sogni a orologeria, deve avere viaggiato senza fare un passo molto a lungo. Il nord-est texano dei sogni precedenti - sin da “Nuotare a Delfino", sogno autoprodotto del 1999 - non è più quel centro di gravitazione di una umanità fluttuante: il texas non più una provincia dell’anima e la frontiera una contrada interiore. Se da una parte Treviso era il soggetto di cui era questione, Treviso che era quasi mondo - la provincia un modo di stare nella metropoli; ora al contrario è il mondo a fare provincia. In questo movimento sta il consolidarsi del cristallo artistico che caratterizza il disco e che permette a Valentina Dorme di disegnare per la prima volta i contorni di una grandiosa epica minore contro il minimalismo delle piccole storie, si ascoltino a proposito Lucidio Sentimenti iV o Waterloo.
E così anche la vena compositiva prende una ben rara andatura rapsodica nella quale i grandi movimenti sono solo uno schizzo di sinfonia crossover alla quale Valentina Dorme assegna il titolo di Mani Tagliate; una vena, si diceva, che si aggrappa nella successiva Ricordi Cagna? alle ossessioni per pianoforte e risentimento, scogli melodici sui quali insiste la voce di Mario Pigozzo Favero e si infrange una stralunata coda per sax. L’uso del pianoforte è una strategia compositiva che, associata all’uso misurato degli archi, caratterizza la trama complessiva del disco, un ordito rock foderato di eleganze pop ben intessuto da Fabio Dal Min dei Non Voglio che Clara; ordito che in Cronaca Sportiva Minore e Una Giulietta Qualsiasi diviene forma canzone in nuce. È tuttavia con la successiva Lucido Sentimenti IV che Valentina Dorme giunge alla perfetta composizione tra ciò che è stata e ciò che sarà raggiungendo finalmente quell’equilibrio del tutto originale che il precedente La Carne aveva soltanto sfiorato nei suoi episodi migliori - a tal proposito si riascolti Siracusa e le Stelle. Il resto del disco inonda la sensibilità con la forza delle distorsioni e della nostalgia di tromba (Una Burla Piccola ma Buona) che rinvia direttamente a The Antlers; oppure si scioglie in una durezza elettrica matura e sghemba (Monsignor Ligresti, Cardinale e Il Circo Lascia la Città). Il viaggio in questa adultità sonora si conclude con la precisione di Waterloo - già comparsa in un diverso arrangiamento in una compilazione del 2012 - e Shangai, due luoghi del mondo e della psiche. Veramente essenziale questo psicogeografia che rimbalza continuamente tra paesaggi interiori e passeggiate all’aria aperta, tra la perversione che libera e quella che incatena: "(siamo) la voglia incancrenita di non soffrire” sussurra Valentina Dorme. Un disco complesso e notevole, da ascoltare con la cura che si usa con ciò che può far male se usato impropriamente. L’odore di vissuto è fortissimo, ci vengono alla mente mani callose, la sveglia al mattino sempre troppo presto e la massima distanza pensabile da Vasco Brondi.
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